Obesità, fumo, ritmi frenetici. Basta poco per far “impazzire” il nostro cuore. Quando suonano i campanelli d’allarme è necessario correre immediatamente ai ripari. Il dolore al petto, la sudorazione fredda profusa, uno stato di malessere profondo, la nausea e il vomito, sono i sintomi più frequenti di un corto circuito dell’organo più importante del corpo. La Asl di Cagliari mette in campo un team di specialisti, coordinati da Carlo Balloi, che copre praticamente la Sardegna Meridionale, dal Santissima Trinità, Microcitemico e Binaghi di Cagliari, sino a Isili e Muravera.

Dottor Balloi, cos’è l’infarto? 

«L' infarto del miocardio è un evento acuto dovuto a un’improvvisa ischemia (riduzione del flusso sanguigno) di parte del tessuto cardiaco secondaria a un’ostruzione, di una delle arterie coronariche, deputate a rifornire il cuore di sangue ossigenato. L’ostruzione, che può essere parziale o totale, generando diverse forme di ischemia cardiaca, è spesso dovuta alla presenza di una placca nelle arterie (aterosclerosi) sulla quale si può depositare un accumulo di piastrine, globuli rossi e fibrina determinando una trombosi e quindi ostruzione, interrompendo il flusso di sangue e causando così la morte (necrosi) del tessuto, provocando effetti di natura variabile fino alla morte del paziente».

Colpisce più gli uomini o le donne?

«Colpisce più gli uomini entro i 60 anni, successivamente in egual misura i du sessi, dovuto questo alla perdita della protezione ormonale per il sesso femminile con l'arrivo della menopausa».

I pazienti sardi sono diversi dagli altri?

«I pazienti sardi sono in perfetta linea rispetto ai pazienti "continentali", anche perché, gli usi, o meglio dire gli abusi alimentari, gli stili di vita sono comuni in tutto il territorio nazionale ed europeo».

Dall'infarto si può guarire?

«Sì, in alcuni casi addirittura, se l'infarto non è stato inabilitante, si migliora la qualità della vita. L'esempio è un paziente fumatore, in sovrappeso con stile di vita sedentario, valori di colesterolo elevati prima dell'infarto, fattori che ne sono stati la causa. Se il paziente ha avuto consapevolezza di ciò che è successo e che poteva succedere, cioè la perdita della vita, elimina queste, anche gradatamente,  concause e si ritroverà ad avere una qualità di vita elevata che non aveva mai vissuto, migliorato il respiro (eliminazione fumo di sigaretta, riduzione del peso corporeo) migliorata la resistenza allo sforzo (eliminazione fumo di sigaretta, riduzione del peso corporeo, movimento fisico moderato e costante, giornaliero) riduzione dello stress emotivo e maggior autostima. Chiaramente l’infarto essendo dovuto nella maggior parte dei casi alla aterosclerosi delle arterie diventa una patologia cronica, ma se adeguatamente seguita, attraverso quella che noi chiamiamo la prevenzione secondaria (perché successiva ad un evento acuto), attraverso l’aderenza del paziente ad assumere regolarmente la terapia attraverso il   controllo e in alcuni casi, l'eliminazione dei fattori di rischio,  tra cui  soprattutto i valori di Ldl , il cosiddetto colesterolo cattivo, cercando di  mantenerlo entro i target prescritti dalla linee guida cardiologiche, sia con la dieta ma soprattutto con i farmaci, allora si potrà avere  una netta riduzione delle recidive, ovverosia la possibilità di avere un nuovo infarto, che in molti casi può essere stavolta sì, letale».

Quali sono le contromisure?

«Le contromisure sono consequenziali a quello che ci siamo detti, ci sono i fattori di rischio modificabili o correggibili (fumo, sedentarietà, obesità, ipertensione, ipercolesterolemia, uso di cocaina) e quelli non modificabili (età, sesso maschile, diabete, familiarità) la riduzione di questi fattori, da cui deriva uno stile di vita sano, riduce notevolmente il rischio di infarto del miocardio».

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