Sono opinioni. Personalissime. Da ora e sino alla fine del pezzo. Ma Roberto Gualtieri, classe 1966, bandiera Pd, sindaco di Roma dal 21 ottobre del 2021 e prima un sacco di altre cose (è stato ministro dell’Economia, europarlamentare e deputato a Montecitorio), ha il profilo perfetto per dare finalmente appeal a un centrosinistra che, da solo e con i Cinque Stelle, dimostra di non aver bussola. E dalle onde si lascia trascinare: ora spinto dal vento del genocidio a Gaza, ora scosso dalla battaglia (persa) contro il precariato (perché i referendum si preparano per tempo,  non si abbracciano all’ultima curva, sarebbe stato sufficiente guardare i numeri dal 2005 a oggi).

Non ce ne voglia Elly Schlein che, come tutti sanno, guida il Pd perché alle Primarie aperte del 2023 l’hanno miracolata i non iscritti. Quelli che, soprattutto giovani, due anni fa le hanno consegnato la vittoria, per poi spostarsi chissà, nei turni elettorali successivi, su Avs o qualche altro partito più a sinistra dei dem. Ma così, sfidando i parigrado della nomenclatura dem e fiutando l’aria come un segugio, volle Dario Franceschini, nato per far il talent scout della politica, più bravo in questo che non nell’impensierire il Governo Meloni (a marzo di quest’anno, nel bel mezzo del caro bollette, il senatore Franceschini si è impegnato in una proposta di legge per dare ai figli il solo cognome della madre, bontà sua).

Fatto sta che Schlein – a cui va l’unico merito di rosicchiare ogni tanto qualche decimo di punto nei sondaggi, lei stessa diventata leader del Pd pur non avendo la tessera – prova a contrastare Giorgia Meloni senza successo. Elly scopiazza la premier sul terreno delle urla. Ma l’inquilina di Palazzo Chigi fa la voce più alta (è cresciuta alla Garbatella, non a Lugano). Elly – e questa è memorabile – a febbraio bollò Meloni come «la presidente del Coniglio, mentre alla Camera si discuteva il Caso Almasri. Non esattamente un affondo da statista. Roba che la livella con il bau bau della meloniana Augusta Montaruli.

Poi c’è Roberto Gualtieri. Per dirne alcune: nella sua lunga carriera a Strasburgo è stato considerato uno dei parlamentari Ue più influenti. Mario Draghi premier lo scelse come commissario straordinario del Giubileo 2025, un pacchetto finanziario da 4,4 miliardi.

Con Gualtieri la Capitale sta cambiando volto. E lui, non abbronzato, non palestrato, con un po’ de panza, lontano anni luce dall’egotico Giuseppe Conte belli capelli, è lì che se la zappa da mattina a notte. Con un merito gigantesco: sta portando a casa un’enormità di risultati. Sul Corriere della Sera, da pochissimo, l’ha celebrato giustamente, e con la solita classe stilistica, Fabrizio Roncone. «C’è una notizia che, forse, si può provare a scrivere: Roma sta tornando a essere una grande metropoli che funziona», recitava l’incipit. Ugualmente il settimanale tedesco Die Stern, qualche giorno dopo: «Un viaggio nella Capitale italiana è la migliore lezione di serenità, soprattutto in tempi incerti. Roma è attualmente sottoposta al più ambizioso programma di restauro e modernizzazione della sua storia recente. Sono stati avviati più di 600 progetti. Gualtieri parla di una “terapia d'urto” che si è resa necessaria perché molti problemi sono rimasti a lungo irrisolti».

Vero. Verissimo. Il lavoro del sindaco sta restituendo, a milioni di cittadini e turisti, spazi prima occupati dal traffico e dalle macchine. E ancora, per dirla con Roncone: «Monumenti restaurati, piazze riqualificate e buche coperte. È la politica che torna a prendersi cura delle persone e dei luoghi dove vive. È il racconto che Roma, lentamente, sta ricominciando ad essere la più bella città del mondo».
Chi sa fare il sindaco, sa fare tutto. Perché la Casa municipale è l’istituzione più vicina alle comunità. L'unica a chilometro zero. C’è sempre un consigliere di riferimento, c’è sempre un assessore. C’è sempre un primo cittadino da fermare in strada. Da cui avere una risposta certa. A cui tirare la giacchetta. È lì: presente, visibile, individuabile. Se va per cantieri, ha pure il caschetto in testa.

Sembrava un tecnocrate, Gualtieri. Addirittura un po’ grigio. Si è rilevato invece un amministratore oculato, sempre con quel suo basso profilo che è cifra morale ed etica. I suoi guru della comunicazione, in questo percorso, hanno il loro peso. Su tutti il talentuosissimo Daniele Cinà, che sui social ha trasformato il sindaco in un influencer della buona amministrazione. In un’icona pop della Roma che macina opere pubbliche e riqualificazioni. Ma ci sono anche Stefano Costantini, Cecilia Del GuercioPierluca Tagariello (in ordine alfabetico). Certo, trasmettere l’efficienza è un mestiere. E s’impara. Come indossare la fascia tricolore. Gualtieri, però, ha anche visione. Prospettiva. Serietà. Il Pd un leader ce l’ha. Capace di riportare il centrosinistra alla vittoria. Si tratta solo di sapere cogliere l’opportunità. Senza invidie e con buon senso.

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