Dici “green” e sembra che tutto debba andare bene per forza. Invece così non è. Universalmente. L’ultima protesta arriva da Oxfordshire, contea nell’Inghilterra meridionale. Lì, a Woodstock, poco meno di tremila abitanti, con Londra che dista neanche cento chilometri mentre a una dozzina c’è il capoluogo Oxford, continua a stupire il Blenheim Palace. È il fiore all’occhiello di una tenuta reale che nel 1705 fu donata dalla Regina Anna al duca di Marlborough, John Churchill, antenato di Winston, per la sua vittoria in Germania, proprio a Blenheim, dove gli inglesi alleati con la Prussia sconfissero le forze franco-bavaresi. Vent'anni dopo arrivò la costruzione del palazzo dove a luglio del 2024, per dire, i grandi dell’Ue si sono ritrovati per celebrare il sesto summit della politica europea. Comunque, torniamo all’attualità delle rinnovabili: anche nei terreni vicini al castello reale è prevista la realizzazione di un mega impianto fotovoltaico che partirebbe dalla cittadina di Botley per estendersi in gran parte a Woodstock e arrivare a Kidlington. Un errore madornale per i residenti della zona.

La rivolta è cominciata in grande. E non per le dimensioni della mobilitazione in piazza, quanto per il livello istituzionale a cui è arrivato il caso. Il Comitato che si oppone al “Botley west solar farm”, così si chiama il futuro mega parco, ha interessato della faccenda niente meno che Re Carlo. Il sovrano, si sa, è un sostenitore dell’energia alternativa e attraverso gli impianti green nelle Crown Estates, le proprietà della Corona, ha avviato la generazione di ricavi per un miliardo di sterline all’anno.

The King è chiamato a una scelta secca: non reagire davanti agli appetiti delle rinnovabili o tutelare la bellezza e l’integrità del Blenheim Palace, circondato in parte da una laghetto artificiale che sembra un dipinto. Pura campagna inglese, dove acqua e verde si alternano nel rigore professionale di giardini dove nulla è lasciato al caso. Nemmeno il fogliame.

La partita è solo agli inizi. Ma la risposta deve essere celere. Anche perché gli investitori non è che hanno intenzione di spendere spiccioli. Per il “Botley west solar farm” sono pronti 800 milioni di sterline. I pannelli si allungherebbero lungo 3.400 acri. Sono qualcosa come 1.376 ettari. «Sarebbe il più grande parco solare d’Europa», racconta la stampa inglese che si sta occupando del caso. Il Partito dei Verdi nell’Oxfordshire ha fatto i conti della serva: «Quella dimensione corrisponde a duemila campi da calcio».

Solo nella tenuta del Blenheim Palace, per continuare con la matematica dell’assalto, il fratellastro dell’attuale Duca di Marlborough ha accettato di cedere agli investitori duemila acri, il 58,8 per cento dell’estensione totale del parco. Un abominio per gli abitanti dell’Oxfordshire che hanno scritto a Carlo facendo appello a una legge del 18° secolo, il Queen Anne act del 1705, attraverso cui la tenuta venne ceduta al duca di Marlborough in segno di riconoscenza. Per gli oppositori del progetto, «affittare o cedere la proprietà dei terreni di Blenheim a terzi, che ne trarranno direttamente benefici economici, è un atto contrario» a quella norma. In calce alla missiva indirizzata a Re Carlo c’è una firma in particolare: la faccia ce la sta mettendo su tutti tale Tim Summer, che ha scritto: «Alla Corona chiedo umilmente di intervenire per far valere la sua proprietà del terreno di Blenheim, come voluto dalla Regina Anna, e rifiutare la cessione dell’area».

Il partito dei Verdi, dal canto suo, sta sollecitando i cittadini ad andare avanti con la rivolta. Vero che l’ufficio competente a decidere su questi progetti è «l’Ispettorato governativo per la Pianificazione», ma dopo «un processo continuo di consultazione, raccolta di prove e osservazioni da parte delle parti interessate». Ecco che «il Consiglio distrettuale del West Oxfordshire può influenzare la decisione attraverso le proprie risposte alle consultazioni», quindi presentando osservazioni ai progetti come si fa da noi in Italia, ma anche «attraverso la relazione di impatto ambientale. Sarà un processo lungo – si legge ancora nel sito dei Verdi – e la decisione non verrà presa prima del 2025. Aggiorneremo la nostra pagina con ulteriori informazioni non appena ci saranno sviluppi». Il partito ha una speranza: «Siamo ancora nella fase pre-app», cioè pre-approvazione. «È probabile che cambino sostanzialmente idea».

Insomma, tutto il mondo è paese. I Verdi fanno notare ancora: «Gli investitori  sono consapevoli della forte resistenza ai loro progetti. A seguito della prima consultazione del 2022, sono state apportate modifiche, tra cui il ritiro da alcuni villaggi, l'aggiunta di un fondo di beneficenza per la comunità e l'impegno a vendere elettricità a prezzi scontati agli abitanti della zona». Ma la contropartita per i residenti è ritenuta comunque «non abbastanza grande, a nostro avviso», così come «l'offerta di altri appezzamenti di terreno ai coltivatori agroecologici locali».

Sembra una delle tante vicissitudini sarde. Invece accade in Inghilterra. E il braccio di ferro si trascina da tre anni.

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