La Sardegna ha l’incidenza di diabete tipo 1 più alta al mondo in età pediatrica. Sono 74 ogni 100 mila bambini per anno i nuovi casi di diabete nella nostra regione, valore 4-5 volte superiore a quello delle altre regioni italiane. Segue a distanza la Finlandia con 52 nuovi casi ogni 100 mila per anno. Nella classifica negativa in testa la provincia del Medio-Campidano seguita da Carbonia-Iglesias. Carlo Ripoli dirige la Struttura semplice dipartimentale di Diabetologie pediatrica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari, coadiuvato da Maria Rossella Ricciardi, dalle infermiere Loredana Piroddi, Tiziana Murgia, Monica Palmas ed Elisabetta Ledda. Di grande supporto, vista l’età dei pazienti, l’attività degli psicologi del presidio Davide Debertolo e Margherita Costa. Una equipe che fa riferimento alla Asl di Cagliari. 

Dottor Ripoli, cos’è il diabete di tipo 1?

«Il diabete di tipo 1 si verifica prevalentemente nei bambini e negli adolescenti (ma può interessare anche gli adulti) che hanno una predisposizione genetica a sviluppare la patologia. Naturalmente non si tratta di una malattia ereditaria, infatti ciò che i genitori trasmettono ai loro figli è solo la predisposizione cioè la possibilità di sviluppare la malattia. I bambini che hanno questa condizione predisponente in Sardegna sono numerosi ma ogni anno “solo” una piccolissima parte (120-130 all’anno) presentano il diabete. Questi soggetti sono venuti in contatto molto precocemente con fattori ambientali di diverso tipo, ancora poco conosciuti, che possono attivare il processo che porterà al diabete. Tra questi fattori sono noti alcuni tipi di virus. Il diabete tipo 1 è una patologia autoimmune, ciò significa che il sistema immunitario, che normalmente difende l’organismo da virus, batteri e agenti esterni, commette, nei soggetti predisposti, un tragico errore. Mentre li difende dagli agenti esterni scatenanti il diabete, produce contemporaneamente degli anticorpi contro le cellule del pancreas (cellule beta) che producono l’insulina, danneggiandole. Questo processo nella maggior parte dei casi si avvia molto precocemente, soprattutto nei primi quattro anni di vita, e poi procede insidiosamente per mesi o anni finché la maggior parte delle cellule che producono l’insulina sono state danneggiate. Solo a questo punto compaiono i primi sintomi del diabete: i bambini iniziano ad avere molta sete e a bere molto, a urinare molto e a dimagrire senza motivo. Tutti questi sintomi sono dovuti alla mancanza dell’insulina e alla conseguente iperglicemia».

Lo staff della Struttura semplice dipartimentale di Diabetologie pediatrica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari
Lo staff della Struttura semplice dipartimentale di Diabetologie pediatrica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari

Lo staff della Struttura semplice dipartimentale di Diabetologie pediatrica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari

Perché la Sardegna detiene il record negativo di bimbi malati di diabete?

«Le cause di questa elevata incidenza sono probabilmente da attribuire alla elevata predisposizione genetica dei bambini sardi associata a fattori ambientali solo in piccola parte conosciuti. Un quarto dei bambini sardi presenta alla diagnosi una chetoacidosi diabetica, una complicanza acuta della patologia che richiede la somministrazione di insulina per via endovenosa e una terapia reidratante per 2-3 giorni e che prolunga notevolmente la durata del ricovero in ospedale. La chetoacidosi è dovuta ad un ritardo della diagnosi e, purtroppo, si associa negli anni successivi ad un peggior compenso glicometabolico (glicemie medie più alte). Per cui prevenire la chetoacidosi all’esordio del diabete è molto importante».

Gli effetti della patologia sono devastanti anche per la famiglia

«Per i bambini e le loro famiglie l’esordio del diabete tipo 1 è un evento drammatico. I genitori percepiscono inizialmente il diabete come un ostacolo insormontabile. È importante che in questa fase iniziale il team diabetologico (pediatra diabetologo, infermiere specializzato in diabetologia pediatrica, nutrizionista, psicologo) supporti la famiglia per favorire un corretto adattamento al diabete. I genitori devono diventare consapevoli che i bambini con diabete ben curati non sono più fragili dei loro coetanei, non si ammalano più frequentemente e che, una volta adattati alle regole della vita col diabete, le abitudini, le aspettative e le prospettive di vita non verranno modificate dalla patologia».

Come inizia la lotta al diabete?

«L’avvio del processo autoimmune che provoca il diabete può essere scoperto precocemente attraverso la ricerca degli anticorpi anti-cellule beta nel sangue. Lo scopo principale dello screening è quello di individuare i bambini che hanno già gli anticorpi contro le cellule beta che producono l’insulina ma non hanno ancora i sintomi classici del diabete, cioè hanno un diabete tipo 1 presintomatico. Lo screening viene eseguito dai pediatri di base tramite un prelievo di sangue capillare dal dito. Successivamente i bambini che risulteranno positivi, cioè con presenza nel sangue degli anticorpi contro le cellule beta, saranno seguiti nei centri di Diabetologia pediatrica. Ciò consentirà una diagnosi molto precoce del diabete tipo 1 e una riduzione e quasi azzeramento della frequenza della chetoacidosi all’esordio come è stato dimostrato dagli studi eseguiti in altre nazioni. In Italia, lo screening del diabete tipo 1 e della celiachia è iniziato a maggio del 2024 in quattro regioni (Sardegna, Lombardia, Marche, Campania) e prevede inizialmente lo studio solo di un campione di circa 5600 bambini di 2, 6 e 10 anni di età. Attualmente i bambini già sottoposti a screening sono complessivamente circa 3500. I bambini che allo screening presentano un diabete tipo 1 presintomatico (presenza due o più anticorpi) potrebbero in futuro essere sottoposti a terapie con farmaci in grado di rallentare la progressione al diabete sintomatico. Nel novembre del 2022 negli USA è stato autorizzato l’utilizzo a partire dagli 8 anni di età di un farmaco (Teplizumab, un anticorpo monoclonale) in grado di ritardare di alcuni anni lo sviluppo del diabete clinico nei pazienti con diabete presintomatico. In Europa è stata avviata la procedura per l’autorizzazione all’utilizzo nella stessa fascia di età. Ciò consentirebbe di ritardare ma non di prevenire completamente la comparsa del diabete tipo 1».

Il diabete di tipo 1 si può sconfiggere?

«Il futuro della ricerca mira alla individuazione di una cura definitiva per il diabete tipo 1. Ciò significa ripristinare le cellule beta distrutte dal processo autoimmune. Attualmente negli adulti con diabete tipo 1 è possibile eseguire, quando sono presenti determinate indicazioni, un trapianto di cellule beta derivate da donatore cadavere. Questo tipo di trapianto ha però diverse limitazioni: pochi donatori, durata relativamente breve del trapianto che non è definitivo, necessità di terapia immunosoppressiva per tutta la vita il che esclude a priori l’utilizzabilità in età pediatrica.

Da alcuni anni stanno progredendo rapidamente gli studi volti a produrre delle cellule beta pancreatiche partendo dalle cellule staminali umane. Oggi è possibile ottenere cellule molto simili alle cellule beta in vitro con un processo della durata di circa 3-4 settimane. Queste cellule sono state impiantate in soggetti con diabete tipo 1 adulti e sono in grado di produrre insulina in quantità sufficiente ad ottenere nella maggioranza dei casi la sospensione della terapia insulinica sottocutanea. Si tratta per il momento di studi eseguiti solo su adulti ma che fanno ben sperare per il futuro».

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