Sembrava un argomento finalmente chiuso: il libro di Francesco Filippi "Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo" sembrava aver posto la pietra tombale sull'argomento. Invece, a riportare a galla le bufale sul fascismo, questa volta, non è stato il solito nostalgico. Ci ha pensato, addirittura, Bruno Vespa che, per la sua "strenna" natalizia, ha abbandonato il filone politico e si è buttato (con risultati discutibili) sulla storia. "Perché l'Italia amò Mussolini", questo il titolo della sua ultima fatica letteraria, rilancia le tantissime bufale sul fascismo che, purtroppo, continuano a circolare ancora oggi.

Oltre un mese fa, quando Vespa andò a presentare il suo libro nella trasmissione di Rai3 Agorà, si accalorò inanellando alcune delle bufale sul fascismo più diffuse. "Lui", disse, riferendosi naturalmente a Mussolini, "ha avuto un consenso enorme e lo ha avuto anche in Italia per le sue opere sociali, parliamoci chiaro. Mussolini ha fatto la settimana di quaranta ore: chi lo sa tra gli italiani che la prima settimana di quaranta ore l'ha fatta Mussolini? Non lo sa nessuno. L'Inps l'ha inventato Mussolini: quanti lo sanno? I contratti nazionali, anche quello giornalistico - i giornalisti erano pagati benissimo - c'erano tutti gli intellettuali antifascisti che stavano a libro paga del regime".

Un campionario di inesattezze storiche: la bufala dell'Inps, per esempio. Certo, se ci si limita a un aspetto puramente nominalistico, l'Inps fu inventato da Mussolini. Solo che, in realtà, nacque nel 1898 come "Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e per la vecchiaia degli operai". Nel 1919, sotto il governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, divenne "Cassa nazionale per le assicurazioni sociali". L'intervento dei fascisti? Nel 1933 quando cambiò il nome a questo istituto trasformandolo in "Istituto nazionale fascista della previdenza sociale". Se proprio si deve fare i pignoli, va dunque chiarito che, eventualmente, Mussolini creò l'Infps e non l'Inps.

La settimana di quaranta ore? Questa, da un punto di vista strettamente formale, è una cosa vera. Nel senso che Mussolini la introdusse nel 1934, lo sospese due anni dopo, la rintrodusse e lo sospese nuovamente nel 1940: si trattò, di fatto, di una misura transitoria che non divenne mai strutturale. E si attese per una trentina d'anni prima che le quaranta ore diventassero una misura definitiva: una decisione scaturita dall'autunno caldo del 1969.

Che cosa dire, invece, dei contratti nazionali? Un altro falso. Il primo contratto nazionale a essere firmato fu quello dei metalmeccanici e arrivò nel 1919, cioè ben prima della Marcia su Roma e della presa del potere da parte di Mussolini. E, anzi, rispetto all'affermazione di Vespa, la storia dice che il dittatore fece l'esatto contrario: nel 1925 abolì la contrattazione nazionale libera, mise fuori legge i sindacati indipendenti e costrinse i lavoratori ad aderire ai sindacati fascisti di cui facevano parte anche i padroni. E, se le prime affermazioni di Vespa sono, per così dire, discutibili, quella relativa ai giornalisti è ai limiti della decenza. "C'erano tutti gli intellettuali antifascisti che stavano a libro paga del regime". Chissà che cosa ne penserebbe, di questa affermazione, Piero Gobetti, ucciso dai fascisti nel 1926. O, magari, Giovanni Amendola, morto in conseguenza delle bastonate dei fascisti. O, giusto per rimanere in Sardegna, il più geniale intellettuale europeo del secolo scorso, Antonio Gramsci, morto dopo una lunghissima prigionia nelle carceri fasciste. Forse, a differenza di quanto sostiene Vespa, non tutti gli intellettuali antifascisti stavano a libro paga del regime. Anche se per esercitare questa nobile professione, tutti furono costretti a cedere al diktat fascista: sino al 1924, c'era un sindacato unitario dei giornalisti, la Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). L'anno successivo, il direttivo fu esautorato e il sindacato venne sciolto. I giornalisti furono costretti a iscriversi al sindacato fascista.

Ed è inquietante che certe affermazioni siano fatte da un giornalista, dal rappresentante cioè di una categoria particolarmente presa di mira da Mussolini. "Il giornalismo italiano", disse, "è libero perché serve soltanto una causa e un regime: è libero perché, nell'ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione". Giornalismo libero? Nel 1924, fu chiuso il quotidiano anarchico Umanità nova, L'anno dopo fu sospesa la distribuzione dell'Unità e dell'Avanti. In quello stesso anno, Luigi Albertini, "colpevole" di essersi occupato del delitto Matteotti, fu costretto a dimettersi dalla direzione del Corriere della Sera.
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