Il fascino dell'Egitto e la declinazione dei suoi reperti in sale e piani, allestiti secondo criteri magistrali, hanno richiamato al Museo Egizio di Torino migliaia di persone, facendo raggiungere - nel periodo pasquale - numeri da epoca pre-Covid. Nel centro della città, in via Accademia delle Scienze, è ospitato il più antico museo del mondo dedicato interamente alla cultura egizia. Per valore e quantità di articoli è considerato il più importante al mondo dopo quello del Cairo.

La collezione. Il primo oggetto che avviò la collezione di reperti fu la Mensa Isiaca, tavoletta bronzea giunta a Torino nel 1626 e acquistata da Carlo Emanuele I di Savoia. Ma fu Carlo Felice che, nel 1824, diede slancio all'idea di creare un vero e proprio museo, comprando - per la cifra di 400.000 lire - la collezione di Bernardino Drovetti, console generale di Francia durante l'occupazione in Egitto, che raccolse circa 8 mila pezzi tra statue, sarcofaghi, mummie e papiri. Da allora le campagne di scavi hanno regalato risultati entusiasmanti, soprattutto quelle a opera di Ernesto Schiaparelli, svolte tra il 1903 e il 1937, che arredano moltissime sale della mostra. Sono circa 30.000 i reperti che gli archeologi italiani portarono a Torino. Sistemati nel 1908, furono poi riorganizzati in modo più accurato nel 1924, in occasione della visita del re. Per sopperire alla mancanza di spazio, Schiaparelli ristrutturò la nuova ala del Museo, che sarà poi chiamata “ala Schiaparelli”, dove espose reperti provenienti da Assiut e Gebelein. A dare conto dell'attività svolta, anche molte foto del tempo, testimonianza di persone dedite alla ricerca costante e di strumenti che nel tempo sono diventati sempre più sofisticati. Ciò che però è rimasto invariato, nonostante il passare delle epoche, è l'amore per “il figlio del Nilo”, come gli antichi Egizi si definivano. La loro cultura, le abitudini, la magnificenza delle loro costruzioni continuano a esercitare suggestioni profonde, arricchite da una buona dose di mistero che avvolge i loro riti funebri, la valutazione della moralità del defunto e le modalità di conservazione delle salme. Passando tra le sale si scorgono sandali e abiti perfettamente conservati; cesti, casse e sarcofaghi realizzati con maestria e decorati con arte. Segue la successione dei papiri, fitti di geroglifici, tra cui spicca il “papiro dello sciopero”, risalente al periodo del Nuovo Regno. Lo scriba Amennakht realizzò la registrazione del papiro ieratico amministrativo che riporta la notizia di manifestazioni avvenute durante il regno di Ramses III nel villaggio di Deir- el- Medina. Si resta colpiti dal reperto, ma ancora di più dal suo significato. Gli operai protestavano perchè non ricevevano regolarmente le razioni alimentari, il pagamento in natura dovuto per il loro lavoro nella Valle dei Re. E allora serve un momento per realizzare che millenni prima di noi, un popolo ha avuto il coraggio di denunciare il mancato rispetto dei propri diritti. Tra le teche scorrono i visitatori, alcuni autonomi, altri (la maggior parte) accompagnati da una guida del museo. Piccoli gruppi che procedono senza accalcarsi perché la voce dell'esperto li raggiunge attraverso gli auricolari.

Covid e ingressi. Le norme Covid prevedono anche la necessità di ingressi contingentati e quindi la prenotazione dei biglietti; ma l'organizzazione collaudata e la professionalità del personale permettono quotidianamente a molti, se non a tutti, di godere di una delle perle della cultura mondiale.​​​​​​​​​​​​​​

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