In Norvegia ci sono alcuni siti Unesco bellissimi, che attirano migliaia di turisti. Il primo, inserito nella lista nel 1979, è Bryggen, il quartiere storico di Bergen, inconfondibile con le sue case di legno colorate dal tetto spiovente. Poi, ci sono i fiordi Geirangerfjord e Nærøyfjord (dal 2005), spettacolari e navigabili con silenziosissimi battelli elettrici.

Ecco, probabilmente non esiste anima viva che non abbia sentito nominare i fiordi norvegesi, mentre la stessa cosa non si può dire per i nuraghi della Sardegna, un patrimonio immenso, sconosciuto alla metà dei turisti che arrivano nell’Isola, mentre il 30% di quelli che lo conoscono non ha comunque intenzione di visitare nessun sito.

Eppure i nuraghi - il più grande museo a cielo aperto del pianeta - potrebbero essere degli attrattori eccezionali, costituire il motivo principale di una vacanza nella nostra terra, addirittura (è stato calcolato dalla società OC&C) portare nel tempo un miliardo di euro di Prodotto interno lordo, invece – Barumini e qualche altra realtà a parte – sono purtroppo uno dei segreti meglio custoditi di una regione che da sempre parla di destagionalizzazione e ancora non ha trovato la ricetta per avere un buon numero di visitatori anche oltre l’estate.

Ma da un po’ di tempo a questa parte qualcosa si muove. L’associazione “La Sardegna verso l’Unesco” nata nel 2020 e guidata dall’ex parlamentare dei Riformatori Pierpaolo Vargiu, porta avanti il percorso verso il riconoscimento nella World Heritage List della civiltà nuragica e continua a diffondere il messaggio: «C’è bisogno dell’aiuto di tutti i sardi per scommettere sul valore universale del nostro paesaggio identitario unico al mondo, dobbiamo imparare a raccontare un’immagine dell’Isola che, con il suo fascino antico e misterioso, ci aiuti a costruire un “brand”, un futuro di opportunità e benessere». Perché poi alla fine conta riuscire a fare rete, a mettere su una grande azione collettiva, a creare la consapevolezza diffusa che il “tesoro nascosto” può generare vera ricchezza e molti posti di lavoro.

«Un grande progetto che somiglia a un sogno», dicono i promotori.

Il dossier è stato consegnato ad aprile scorso (con il coordinamento della Fondazione Linxs) al ministero della Cultura (passaggio obbligato per il perfezionamento e l’eventuale trasmissione a Parigi all’Unesco) e ribadire che si è partiti e si prosegue con l’impegno nei 377 Comuni sardi, in ognuno dei quali si trova un sito piccolo o grande da valorizzare.

Nella “Tentative List” – impossibile citare tutte le migliaia di strutture censite – sono stati inseriti 32 monumenti, considerati tra i più significativi della civiltà che si è manifestata in Sardegna tra il XVIII e il VI secolo avanti Cristo. Dalla Tomba dei Giganti di Arzachena al complesso Romanzesu di Bitti, dal Villaggio di Serra Orrios a Dorgali al Santuario di Santa Cristina a Paulilatino, dal Nuraghe Genna Maria di Villanovaforru al Santuario di Funtana Coberta a Ballao, la selezione si è basata sullo stato di conservazione, sul fatto che i siti siano stati indagati e scavati di recente, sulla necessità di abbracciare tutti i territori dell’Isola.

L’associazione “La Sardegna verso l’Unesco”, tra le numerose iniziative e attività che sta portando avanti, ha predisposto – insieme con l’Anci – il testo di una proposta di legge per la “Promozione dell’insegnamento della storia dell’antica civiltà sarda nelle scuole della Sardegna”. Il fatto che questo periodo così importante e affascinante non venga contemplato nei libri di testo costituisce un vuoto enorme da colmare. La bozza del provvedimento è stata consegnata ad agosto scorso ai capigruppo in Consiglio regionale. Ora toccherà ai consiglieri che entreranno in Aula nella nuova legislatura prendere in mano la questione.

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