Le fiamme, indomabili. Ventimila ettari di terra che diventano cenere. Persone costrette a lasciare le proprie abitazioni, animali arsi vivi, aziende distrutte, raccolti persi. E poi alberi millenari ridotti in un cumulo grigio di polvere, oliveti secolari senza vita, lecci, eucalipti, macchia mediterranea, alveari, mufloni: tutto, tutto dannatamente distrutto. Il Montiferru verde, quello che faceva “respirare” la provincia di Oristano e parte dell’Isola non esiste più. Resta quella maledetta macchia nera che si vede dalle immagini dei satelliti tra Santu Lussurgiu, Cuglieri, Bonarcado, Seneghe, Sennariolo e parte della Planargia.

La piaga degli incendi in Sardegna, e in generale nei Paesi che di affacciano sul Mediterraneo, non è nuova, purtroppo. 

Il simbolo in cenere

Fa rabbia, tristezza, paura che sia andato perso anche l’olivastro che per millenni aveva resistito alle calamità naturali e poi a quelle umane. «Oggi di quel maestoso monumento naturale, colpito dalle fiamme anche perché circondato da erba alta, non restano che rami anneriti e fumanti», denuncia Wwf della Sardegna.

Fiamme da record

I paesi del Mediterraneo sono legati da una terribile emergenza comune: il rischio di incendi boschivi. «Montagne e colline bruciano ogni anno con piccoli incendi, ma sempre più spesso si verificano le condizioni perfette per la generazione di crisi di incendi travolgenti, con grandi danni ambientali ed economici e con un grave rischio per la vita umana», così inizia il report WWF “Mediterraneo in fiamme”. Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna e Turchia: sei Paesi e l’Italia con una superficie bruciata media annua di 72.945 ettari si pone ben al di sopra della media di tutti i paesi (poco più di 62.000 ha) e terza dietro Portogallo e Spagna.

Dal 1° gennaio e fino al 14 luglio l’European Forest Fire Information System ha registrato in Italia in totale 157 incendi con superfice maggiore di 30 ettari, mentre la media annua tra il 2008 e il 2020 si attesta a 66. Nello stesso arco di tempo (1/1-14/7) la superfice totale incendiata ammonta a 26.931 ettari.

Per capire il dramma che sta vivendo il Montiferru e la Sardegna intera, «in Italia nel 2020 ci sono stati 7 incendi di oltre 500 ettari, il più grande dei quali ha bruciato oltre 3000 ettari nella provincia di Trapani alla fine di agosto», si legge nel report del WWf. Sappiano già purtroppo quale sarà il rogo che entrerà nelle pagine dei report e della storia del 2021.

Le terribili previsioni

Il Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici ha dimostrato come in Italia, in conseguenza dell’innalzamento della temperatura media, dell’allungamento di periodi siccitosi e della diminuzione di precipitazioni durante l’anno, è previsto un aumento del rischio incendi. Nei prossimi decenni è previsto un incremento del rischio incendi superiore al 20% in tutti gli scenari climatici e un allungamento della stagione degli incendi compreso tra 20 e 40 giorni. Questi fenomeni potranno determinare in Italia un aumento delle superfici percorse da incendi compreso tra il 21% e il 43% a seconda dello scenario considerato.

Fiamme vicino a Porto Alabe (foto archivio L'Unione Sarda)
Fiamme vicino a Porto Alabe (foto archivio L'Unione Sarda)
Fiamme vicino a Porto Alabe (foto archivio L'Unione Sarda)

Le cause

«Un altro fattore estremamente importante è che gli incendi nella regione mediterranea hanno essenzialmente una componente umana: in media, l'uomo è responsabile del 96% degli incendi, che possono essere accidentali, causati da negligenza o generati intenzionalmente. Solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali» specificano dal WWF. «Il fuoco è sempre stato un elemento naturale dell'ecologia forestale e uno dei principali artefici del paesaggio mediterraneo, ma negli ultimi anni è diventato un serio pericolo nelle aree rurali mettendo a rischio biodiversità e vite umane. I principali motivi di questo cambiamento sono il progressivo abbandono delle aree rurali e il conseguente recupero della vegetazione spontanea che creano condizioni estremamente favorevoli al diffondersi delle fiamme; l'aumento degli usi non agricoli dello spazio rurale; presenza di una radicata "cultura del fuoco"  a causa della quale la gente usa bruciare per gestire i campi, o la fiamma per cucinare all’aperto; aumento significativo delle temperature medie globali, che genera lunghe ondate di calore, siccità continue, bassa umidità nell’aria e venti molto forti», si spiega nel report.

«Accertare il motivo»

«Dobbiamo smettere di pensare ai nostri boschi solo dopo che si verificano immani tragedie come questa, con costosi interventi straordinari o emergenziali. È necessario investire sulla prevenzione attraverso una quotidiana gestione e cura del territorio - ha dichiarato Carmelo Spada, delegato WWF per la Sardegna - Terminata l’emergenza dovranno essere accertate le responsabilità e puniti i colpevoli e si dovranno adottare tutte le misure previste dalla legge per il ripristino dell’ambiente come il divieto di pascolo e di caccia».

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