Un bambino di nove anni, Edgar, esce di casa per andare a scuola, dove non arriverà mai. E’ il figlio di una coppia in crisi, Vincent Anderson (Benedict Cumberbatch), burattinaio geniale e principale autore del programma televisivo per bambini Good Day Sunshine, e Cassie (Gaby Hoffmann), due persone che provano a restare insieme per il figlio, costretto ad assistere però a continue liti. Edgar ha la stessa passione del padre, disegnare personaggi perfetti per il programma tv del padre, e la frequentazione degli studi televisivi durante le registrazioni accresce il suo desiderio di proporre un suo mostro, perfetto per i gusti dei bambini.

Ne parla spesso con il padre, gli chiede di proporlo ai suoi produttori. Ma le domande di Edgar restano sempre senza risposta perché Vincent è abitato da troppi demoni: ha evidenti disturbi psichiatrici, è un alcolista, è così egoriferito che non riesce ad ascoltare nessun altro che i suoi nemici interni.

E’ questa la ragione della sparizione di Edgar? E’ stato rapito? Se sì, perché?

Da qui si dipana Eric (Netflix) una storia che abbraccia tanti temi: le malattie mentali, innanzitutto, le famiglie anaffettive che condizionano per sempre il carattere dei figli, l’omosessualità nascosta del poliziotto che indaga sul caso, Michael Ledroit (McKinley Belcher III), la corruzione tra le forze di polizia. Ma indaga anche le dinamiche delle crisi di coppia, i meccanismi della tv di quegli anni.

Ambientata nella New York degli anni ’80, devastata da una grave crisi sociale, piena di criminali, con i senzatetto abbandonati al loro destino e corteggiati da un candidato sindaco che propone di deportarli in una zona lontana dalla città, la serie in sei puntate è di quelle che incollano il telespettatore alla tv. L’interpretazione dei tre protagonisti principali è di alto livello ma Cumberbatch si avvicina molto alla perfezione nel rappresentare con mille sfumature un uomo tormentato che nella ricerca del figlio – e di se stesso – perde il lavoro e finisce all’inferno, rappresentato dal sottosuolo della Grande Mela, dove esiste un’altra città, quella degli ultimi. Lo accompagna un mostro immaginario, che vede solo lui, che assomiglia molto a quello che ha disegnato Edgar. Ci parla mentre parla con i colleghi di lavoro, mentre viene interrogato dalla polizia, mentre è sulla metropolitana, mentre litiga con Cassie, che nel frattempo gli rivela di avere un altro uomo e di aspettare un figlio da lui.

E’ un mostro a cui è fin troppo facile dare un significato. Rappresenta il suo senso di colpa ni confronti di Edgar, i suoi genitori ricchi e incapaci di mostrargli il minimo affetto, i suoi colleghi di lavoro che non si riveleranno esattamente per quello che sembrano, nemmeno quelli che gli sono più vicini.

Nel frattempo, in una narrazione ricca di sottotrame, la scomparsa di Edgar si intreccia con quella di un altro adolescente, la cui madre non si rassegna nemmeno dopo anni a non rivederlo più, anche perché capisce che qualcuno non ha indagato a sufficienza. Nel succedersi delle puntate si scende sempre più verso l’inferno, nella droga, nei locali gay gestiti da ex galeotti che hanno legami torbidi con i poliziotti che dovrebbero prevenirne e punirne gli abusi.

Si dovrà raggiungere il fondo per trovare il filo conduttore di tutto questo, che arriverà alla fine di un percorso avvincente ma nello stesso tempo ansiogeno.

Eric è una serie da vedere: ben scritta, ben diretta, ben interpretata. Che ha il vantaggio di non assuefare lo spettatore. Finisce quando finisce, non lascia con l’interrogativo se ci sarà una prossima stagione.

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