Migliorare la gestione delle aree marine protette, promuovere la conservazione degli habitat e delle specie minacciate, rendere la pesca sostenibile e ripopolare le zone più fragili e delicate, sensibilizzare enti, istituzioni, cittadini e turisti per vivere il mare in modo consapevole.

Sono gli obiettivi dei progetti avviati su tre Aree marine protette della Sardegna - a Capo Carbonara (Villasimius), Capo Caccia Isola Piana (Alghero) e L’Asinara – nati grazie a una partnership tra l’italiana Fondazione Capellino e l’inglese Blue Marine Foundation.

La prima è un ente senza scopo di lucro istituito a giugno 2019, che ha come finalità la salvaguardia della biodiversità, la lotta al cambiamento climatico, la diffusione dell’agricoltura rigenerativa, il recupero del paesaggio e degli edifici storici, la promozione della Reintegration economy in tutti questi ambiti, cioè un modello – creato proprio dalla Fondazione Capellino che prevede che il 100% dei ricavi (al netto di costi e tasse) venga destinato al bene comune – che vuole sovvertire quello attuale, estrattivo, avido e sopraffattore, sperimentando la re-integrazione della biodiversità, a partire dall’economia e dal business, per ricostituire l’integrità della nostra esperienza di vita con la natura.

Blue Marine Foundation è una Ong con sede a Londra che si occupa del ripristino della salute degli oceani affrontando la pesca eccessiva, uno dei maggiori problemi ambientali del mondo. Con progetti in corso in Patagonia e nell’Oceano indiano, in Inghilterra e in Grecia, alle Baleari e in Italia, in Toscana, Puglia, Sicilia e Sardegna.

“Attualmente i progetti in Italia sono otto, a parte uno, tutti di impronta ambientale all’interno di aree marine protette, tutti diversi, perché ogni territorio ha le sue peculiarità e criticità”, spiega Giulia Bernardi, biologa marina che gestisce le iniziative di Blue Marine nel nostro Paese. Le Aree marine protette, se ben gestite, sono riconosciute come unico vero strumento che riesce a dare recupero al mare, e sono molto soddisfatta di come stanno andando, c’è entusiasmo, i direttori sono molto motivati, si sta facendo rete, altre Amp vogliono entrare. Abbiamo chiesto a loro di sviluppare un paio di idee, poi le abbiamo valutate insieme, e sono nate queste attività SMART, che è un acronimo di programmabile, misurabile, riproducibile, tangibile”.

Spiega Bernardi: “A Capo Carbonara ci occupiamo di pulizia e smaltimento di vecchi attrezzi da pesca abbandonati nel fondale, fonte di inquinamento e un rischio per la fauna e la flora”.

La Fondazione Capellino ricorda che questa zona - quarta località turistica della Sardegna per affluenza con oltre 1 milione di visitatori all'anno - ha un’importanza cruciale per gli ecosistemi marini, con le rocce granitiche sulle spiagge e vaste praterie di Posidonia oceanica, rifugio per numerose specie che qui si riproducono e si sviluppano. Questo ecosistema è attualmente considerato dalla comunità scientifica uno dei più importanti del Mediterraneo in termini di biodiversità. Per questo progetto – partito a gennaio - verranno investiti 74.000 euro in 2 anni. Il coordinamento scientifico e la progettazione sono a cura di Fabrizio Atzori, direttore dell’Amp.

“A Capo Caccia – spiega ancora la biologa - c’è la più grande presenza di grotte sommerse d’Italia, forse d’Europa, e questa zona è frequentatissima da chi ama le immersioni, peccato però che tutti buttino l’ancora indiscriminatamente. Così, si stanno installando  quattro linee di ormeggio nell'estrema porzione meridionale del promontorio, per favorire l’attività subacquea dei diving autorizzati ad operare nell’area proteggendo allo stesso tempo specie a rischio come il corallo rosso, il riccio diadema, il tritone gigante, il dattero di mare”. Per questo progetto verranno investiti 20mila euro, su un anno. Il coordinamento scientifico e la progettazione è a cura di Mariano Mariani, direttore dell’Amp e del Parco regionale di Porto Conte.

Infine, l’Asinara, “dove si prevede la sensibilizzazione dei pescatori, attraverso una serie di azioni – continua Bernardi -  tra cui il monitoraggio delle aragoste: chi le prende sotto taglia, anziché venderle sottobanco può consegnarle a un gruppo di biologi marini, che mettono loro una targhetta e le rilasciano in mare, mentre il pescatore viene remunerato. Un’altra azione è il monitoraggio degli attrezzi da pesca: chi è autorizzato a pescare, accetta che nasse, reti e altri strumenti vengano mappati e identificati, per capire se lo sforzo pesca dentro l’Amp è troppo oppure è sopportabile”. Per questo progetto – avviato a marzo - verranno investiti 50.000 euro in 2 anni. Il coordinamento scientifico e la progettazione sono a cura di Vittorio Gazale, direttore dell’Amp e del Parco nazionale.

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