Tesla, Byd, Cupra, Sportequipe, Polestar, Dr, Link&Co, Seres. Mai come in questa fase storica il mercato dell'auto è stato così ricco di nuovi marchi, molti dei quali provenienti dalla Cina.

Il colosso asiatico ha smesso da tempo di produrre brutte imitazioni di modelli europei, statunitensi, giapponesi e coreani ed ha sfruttato la sua enorme capacità produttiva per allargare i suoi tentacoli verso i mercati ricchi del pianeta. Inoltre la corsa all'elettrificazione ha ridotto il margine di vantaggio dei grandi brand e aperto grandi prospettive a nuove aziende, che hanno potuto sviluppare tecnologia e costruire know how preparandosi a conquistare nuovi clienti.

Vero è che alcuni marchi storici, come Volvo o Seat, hanno deciso di sviluppare i loro spin-off – Polestar e Cupra - per produrre solo veicoli green, di lusso nel caso degli svedesi (di proprietà cinese) e sportivi nel caso degli spagnoli (entrati da tempo nell'orbita di Volkswagen). Per chiudere la premessa va aggiunto che al di là del discusso e discutibile diktat europeo che impone lo stop alla costruzione di motori termici dal 2035, il mercato dell'endotermico è tutt'altro che morto e le nuove aziende hanno iniziato a impossessarsi anche di porzioni di quella torta.

Tesla, naturalmente, è la meno nuova ed è anche ampiamente affermata. Creata nel 2003 (produceva la Roadster sul pianale della Lotus Elise, la prima automobile di produzione a utilizzare batterie con celle agli ioni di litio), nel 2009 immise sul mercato la Model S, il primo modello completamente elettrico e ad oggi ha prodotto 4 milioni di veicoli.

Con un'accelerazione mostruosa negli ultimi sette mesi: se l'azienda di Elon Musk ha impiegato 19 anni per produrre i primi tre milioni di auto elettriche, l'ultimo milione lo ha prodotto in soli 7 mesi. Oggi l'azienda ha partnership con molti dei grandi marchi globali e, secondo i dati di 152 mercati, la Model Y è l'auto più venduta al mondo (circa 740mila pezzi) ed ha raddoppiato le vendite in un anno.

Un marchio che si è affacciato recentemente nel mercato italiano è Aiways. L'azienda è stata fondata nel 2017 a Shanghai, nel 2019 ha acquisito il 50% di Jiangling.

La Byd, invece, è nata nel 1995 a Schenzen e sino a poco tempo fa produceva batterie per telefoni cellulari. Poi ha deciso di sfruttare il know how in quel campo ed è sbarcata nel mondo dell'automotive. Nio è un altro marchio cinese che ha già successo nei mercati neordeuropei e rispetto alla concorrenza ha una caratteristica originale: le sue auto si possono ricaricare con una presa come tutte le altre, ma hanno anche il vantaggio di essere pensate per poter sostituire in pochissimi minuti il pacco batterie scarico con uno carico.

Una soluzione innovativa come quella della Lynk & Co, altra casa cinese i cui modelli si possono acquistare ma anche affittare anche per un mese, come un abbonamento a Netflix  che si può disdire quando si vuole.

Seres è un brand nato in Cina ma con ramificazioni produttive in nella Silicon Valley, in Germania e in Giappone.

C'è la Cina anche dietro Sportequipe, marchio italiano fondato lo scorso anno dall'imprenditore molisano Massimi Di Risio e spin off della già affermata, ancorché relativamente nuova, Dr, rispetto alla quale occupa una fascia di mercato più elevata. Tutte le vetture del gruppo sono realizzate su progetti delle cinesi Chery automobile e Jac motors.

Anche Omoda è un marchio cinese di proprietà di Chery che produce Suv a benzina ed elettrici, fratello di Jaecoo. Dal Paese di Xi Jinping arriva anche Xpeng, marchio che produce solo auto elettriche con batterie ad alta percorrenza.

Non è detto che sia finita qui: la Cina, col gruppo Geely del resto, ha le quote di maggioranza di Mercedes-Benz, Volvo e Polestar, ha il 50% di Smart  e il 51% di  Lotus. Senza dimenticare che anche Mg, marchio che più british non si può, è stato salvato dai cinesi, stravolto e rilanciato. Pazienza se al posto delle iconiche vetture sportive ora produce Suv.

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