Odia il politicamente corretto, sfotte i sindaci che impongono piste ciclabili e zone 30, critica la deriva esibizionista e quasi pornografica dei social network, di cui è ormai una star (505mila follower su Facebook, 186mila su Instagram e 140mila su TikTok) grazie ai video in cui asfalta sia i radical chic che i burini del web, o se la prende con lo stop alle auto a benzina deciso dall’Ue. “Tutte le grandi evoluzioni della nostra società sono diventate realtà quando si sono rivelate praticabili e utili. Le automobili, i telefonini e le email hanno raggiunto il successo senza una norma che ha imposto il loro utilizzo”, spiega Roberto Parodi.

 Fratello maggiore delle giornaliste Cristina e Benedetta, ha una biografia variegata: ingegnere meccanico, manager di grandi banche, scrittore, appassionato motociclista, conduttore di programmi tv (Born to ride, Diario della motocicletta), amante dei viaggi on the road. Il prossimo sarà in Sardegna: attraverserà i borghi e i paesi dell’interno in moto (dal 26 maggio al 3 giugno) insieme agli amici di “Wonder Italy”, una manifestazione che unisce le due ruote al turismo di cui sarà ambasciatore. “Si tratta di un giro in moto con visite guidate, assaggi, incontri con persone interessanti. Non sarà il classico raid, sarà un tour più rilassato. Mi fermerò tre giorni alla Maddalena, che amo particolarmente”.

La prima volta nell’Isola quando è stata?

“Negli Anni 60. Mio padre aveva comprato un terreno nella zona di Porto Rafael. Ora sono abituato a trascorrere le vacanze con Benedetta e Cristina, le mie sorelline, che hanno la casa a Punta Marana”.

Negli ultimi giorni sui social riceve tanti consensi per l’approccio critico verso certe norme, come lo stop delle auto a benzina.

“Non sopporto che un gruppo di politici, tra l’altro di una estrazione politica ben definita, stabilisca che tra 10 anni non dovremo più usare una cosa per favorirne un’altra: mi sa un po’ di Cancel culture. Questo non vuol dire che non si debba usare il motore elettrico: sono un ingegnere meccanico e non un cantastorie. Ma penso che non possa essere l’unica soluzione. Abbandonare tutto ciò che ha a che fare col motore termico è un errore concettuale”.

Se l’è presa anche con ciclisti e Zone 30.

“E’ demagogia pura, adesso abbiamo i sindaci che vogliono avere un’immagine green e dicono che devi andare a 30 all’ora. Ma se uno rispettasse i soliti limiti di velocità già esistenti, desse la precedenza e non guidasse col telefono, non ci sarebbero problemi. Poi le Zone 30 sono incontrollabili: è un provvedimento che non si può far rispettare”.

Definisca i radical chic.

“Sono persone che hanno fatto proprie, esclusivamente per moda, le ideologie normalmente di sinistra, di protesta, anticapitaliste, ma in realtà fanno parte della fazione opposta. Insomma: chi fa proprio un movimento senza farne parte”.

Quello che conta è l’apparenza. Come sui social, dove la gente ostenta pizze al patanegra e Rolex, magari falsi.

“E’ un comportamento di certi influencer a cui piace far vedere un certo tipo di vita, frutto dell’apparenza pura, dietro la quale non ci sono i soldi veri, faticati. Semmai sono guadagnati senza fare sforzo o addirittura neanche guadagnati. L’importante, per metterli in mostra. Nei social, se sei bravo, condensi quella tua realtà in venti secondi di video”.

C’è chi cerca di apparire ricco oppure si spoglia su Onlyfans. Tutta questa libertà si ritorcerà contro ragazze e ragazzi?  

“Sicuramente. Queste ragazze puntano sul proprio corpo, che ha una data di scadenza,  e si distraggono dalla crescita personale fatta di studio, gavetta, lavoro che ti garantisce un futuro a lungo termine. Ovvio che se con qualche foto guadagni diversi migliaia di euro al mese poi ne resti affascinata. Ma sonoimmagini pornografiche o pseudopornografiche e un domani ci dovranno fare i conti, anche dal punto di vista psicologico”.  

Lei ha tre figli, come vivono il papà social?

“I due maschi sono grandi, uno fa il medico e l’altro il manager di una startup. Poi ho una figlia di 17 anni, che io e mia moglie teniamo sotto controllo, le diamo tante indicazioni, e in questo i fratelli sono stati d’aiuto perché non hanno vissuto questo eccesso di social. Dietro mia figlia c’è una famiglia, mentre tante sue coetanee sono abbandonate a loro stesse, è questo il problema”.

I social sono ancora in ascesa o sta cominciando il loro declino?

“Non credo stia iniziando il declino. Sono radicati e fanno parte della vita di tutti noi, si sono espansi anche alla fascia di età dei più anziani. Bisogna vedere dal punto di vista sociale che piega prenderanno, certo non saranno le trovate di Zuckerberg o Elon Musk  a cambiarli. I social sono una cosa viva che si evolve, non li puoi tenere sotto controllo. Credo ci sarà una evoluzione e mi auguro che i giovani capiscano che la vita non è tutta lì”.

Ha lavorato a lungo nel mondo della finanza, poi dieci anni fa ha smesso per dedicarsi a una vita più lenta, scrittura e giornalismo.

“Ho approfittato di un’occasione che si è presentata. Non sono scelte che fai per un colpo di testa. È capitata una serie di coincidenze, mi hanno fatto una proposta per condurre un programma televisivo, avevo già scritto sei libri e fatto il giro del mondo, ero iscritto all’albo dei giornalisti. Quando sono esplosi i mutui subprime e la crisi Lehman Brothers ho pensato che quello era il momento per prendermi una pausa. Mi sono licenziato dalla banca, pensando di poter rientrare quando avessi voluto. Poi la tv è andata bene e ho continuato”.

In questa scelta ha influito la famiglia?

“Io ho sempre avuto solo svantaggi dal mio cognome. Quando ho iniziato, Cristina e Benedetta non lavoravano più a Mediaset: sono entrato perché Confalonieri è un motociclista e leggeva i miei libri. Adoro le mie sorelle, siamo sempre insieme ma dal punto di vista professionale la parentela ha creato molti pregiudizi. Loro dicono sempre che sono il più estroverso della famiglia, quello che suona la chitarra, viaggia, scrive”.  

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