Acqua e sale sulla pelle dell’oca poco prima di toglierla dal forno “e viene una bella crosticina”. Il pratico consiglio per una perfetta oca natalizia è di Angela Merkel, che lo ha addirittura affidato alla Bild, il popolarissimo tabloid tedesco. Un’assoluta rarità per una donna che ha praticato il basso profilo sopra ogni cosa. Ma la potentissima cancelleria tedesca, così avara di dettagli della vita privata, in questo modo ha voluto far sentire la sua vicinanza ai tedeschi, costretti a stare chiusi in casa per la seconda ondata della pandemia che ha fatto precipitare il Paese nella confusione. Le ali del successo dell’ottima reazione alla prima emergenza Covid-19 si sono piegate, e persino Merkel è stata costretta a fronteggiare un imprevisto caos, generato dalla gestione locale della sanità combinato con l’imminenza di elezioni regionali in diversi Länder.

Tutti fattori che le hanno sciupato una trionfale uscita di scena. La Cancelliera più longeva di sempre, la donna capace di portare sulle spalle un enorme potere e gestirlo con proverbiale modestia, si appresta a lasciare la ribalta politica. Ma il mito di Angie si è appannato e in tanti si domandano che Germania lascia “Mutti”, la mamma che dà consigli culinari, che va al supermarket e vive con marito in una casa di 80 metri quadri, a Berlino, vicino all’Isola dei Musei, con un solo agente di scorta davanti alla sua porta.

In questi sedici anni è stata la prima donna e la prima tedesca della Germania est a guidare in Paese attraverso tanti travagli, dalla crisi finanziaria del 2008 alla guerra tra Russia e Ucraina, con l’annessione della Crimea, alla crisi migratoria, al fiorire dell’ultradestra nel suo Paese, fino alle debolezze strutturali messe a nudo dalla pandemia. La sua longevità politica non teme confronti e per dieci anni ha occupato il primo posto della classifica di Forbes delle donne più potenti, oltre al titolo di leader politico con maggior fiducia. C’è perfino una Barbie-Merkel, dedica della Mattel nel 2009. Eppure la sua eredità è difficile da riassumere con un simbolo e i tedeschi vivono una condizione che non amano: un orizzonte non chiaro.

Chi l’ha preceduta lega il suo nome a un lascito politico preciso, come si legge in un lungo ritratto della Cancelliera pubblicato su Foreign Affairs. Per Konrad Adenauer è il Westbindung, il bisogno di agganciare la neonata repubblica tedesca postbellica all’Occidente. L’epoca di Willy Brandt è segnata dall’Ostpolitick, la normalizzazione dei rapporti con l’est : indimenticabile il gesto compiuto da Brandt che si inginocchiò davanti al monumento che ricordava la resistenza antinazista a Varsavia. Helmut Kohl è il Cancelliere della riunificazione, del passaggio dal marco all’euro.

Come chiameremo la politica di Angela Merkel? Riflessiva, prudente, ha esercitato l’arte di temporeggiare per valutare i pro e i contro di ogni situazione, esercizio riassunto nel verbo “merkeln”, il cui significato non sempre è positivo (per esempio prese tempo sul caso Grecia, nel 2010, temendo i risultati del voto in Nordreno-Westfalia mentre i mercati finanziari spingevano Atene verso il baratro). Sobrietà, colori delle giacche pastello (una sorta di divisa), ama la musica classica – ogni estate va al Festival di Bayreuth dove si celebre il controverso compositore tedesco Richard Wagner – eppure “Angie” dei Rolling Stones è stata la colonna sonora dei suoi comizi.

La sua storia politica inizia con un parricidio. Fu lei, das Mädchen (la ragazza) della Cdu, a scrivere sulla Faz nel 1999 l’articolo in cui chiedeva a Helmut Kohl di farsi da parte dopo gli scandali finanziari che avevano colpito il più grande partito tedesco. Sulla persona della Merkel invece non si troverà l’ombra di uno scandalo, ma il suo inno alla normalità coincide con una sorta di immobilismo. Lascia una Germania certamente più ricca, con livelli di disoccupazione bassi e un surplus enorme. Ma all’economia è mancata qualcosa, a iniziare dall’innovazione. Il fax ancora molto diffuso, è il simbolo di questo ritardo per non parlare dei lati oscuri dell’economia tedesca, dal Dieselgate alla Deutsche Bank.  

Di certo la ricorderemo per il suo coraggioso “wir schaffen das”, quel “ce la faremo” che segnò l’accoglienza di migliaia di profughi siriani. E anche se la sua stella in questo lungo addio non brilla più, il suo intervento si è rivelato decisivo per spingere i Paesi europei, nel pieno della pandemia, ad approvare un piano di debito e di solidarietà, prima impensabile.

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