Chi gioca a tennis sa che le partite più difficili sono quelle contro i compagni di squadra, contro gli amici con i quali hai condiviso vittorie e sconfitte, cene di festa e lacrime di dolore.

Flavia Pennetta contro Roberta Vinci, finale storica a Flushing Meadows, New York, poteva essere soltanto quel che è stata: una partita a scacchi tra due amiche che si conoscono fin dai primi tornei giovanili tra Brindisi e Taranto.

Le due azzurre hanno tremato, in preda a emozioni e sentimenti davanti agli occhi di tutti gli appassionati di tennis del mondo. E sicuramente non hanno giocato il loro miglior tennis, ma in quelle condizioni psicologiche era impossibile.

Certo, è importante dire che ha vinto la Pennetta, perché si è dimostrata più solida tecnicamente, l’unica al mondo a non aver paura del rovescio in slice della avversaria, un colpo senza peso, senza rimbalzo, che ha fatto impazzire la numero uno al mondo Serena Williams. Anzi, Flavia ha cercato quel colpo, la impensieriva meno del diritto di Roberta Vinci, più imprevedibile.

Ma è fondamentale soprattutto dire che è stata soprattutto la festa del tennis italiano.

La vera pagina della storia dello sport italiano era stata scritta in semifinale, quando le due azzurre avevano eliminato la numero uno e la due al mondo. Ieri una doveva vincere, l’altra perdere. Purtroppo: lo sport sa essere crudele come la vita di cui un campo da tennis spesso è lo specchio.

Così se è vero che nell’albo d’oro di New York resterà soltanto il nome della Pennetta, nella mente degli appassionati italiani un posto speciale avrà sempre la faccia di Roberta Vinci che chiede l’applauso degli newyorkesi dopo aver fatto piangere Serena.

Difficile poi non commuoversi davanti alle parole di Flavia Pennetta che nel giorno più bello della sua vita sportiva ha annunciato il suo ritiro. Inaspettato, incredibile come il suo successo a New York. Più in alto di così non poteva salire, forse è giusto chiudere così questa stupenda favola dello sport, anche se già ci manca.
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