Forse sta diventando una questione psicologica. Una crisi mentale. Perché Serena Williams, in Australia come era successo quattro mesi fa a New York, perde da strafavorita una partita importantissima.

A Flushing Meadows la semifinale contro l’azzurra Roberta Vinci, che le ha impedito di coronare il sogno del Grande Slam (la vittoria nello stesso dei quattro tornei più importanti al mondo (Melbourne, Parigi, Wimbledon e New York), a Flinders Park la finale contro Angelique Kerber, la tedesca per la prima volta vincitrice in un torneo Major.

Serena non aveva perso neppure un set in Australia, al contrario della sua rivale che ha rischiato di essere eliminata al primo turno (ha annullato un match point alla Doi). Addominali per una volta scolpiti, la numero uno al mondo voleva cominciare l’anno da regina. Invece il suo cannone si è inceppato proprio nella finale. Al di là dei meriti della tedesca di origini polacche, c’è un dato capace di confermare il black out di Serena: sei doppi falli e soltanto sette aces, una che è stata capace di servirne anche venti in un match.

Prossimo appuntamento con i Major a Parigi. Ma forse più di un allenatore per Serena ci vorrebbe un mental coach.
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