La partita fra Porto Torres e Civitas Tempio, del campionato Under 17 allievi, è stata interrotta domenica scorsa al 69’ sul punteggio di 3-2 per i padroni di casa, che hanno avuto la vittoria a tavolino. Questo perché, da comunicato, l’arbitro (una ragazza) «ha ritenuto di non poter proseguire nella direzione di gara» e mandato le squadre negli spogliatoi dopo che un giocatore della squadra ospite era stato espulso per averla insultata. Ma nel referto appare molto di più, tanto che il Giudice Sportivo – oltre alla sconfitta per 3-0 – ha dato 300 euro di multa alla Civitas Tempio per responsabilità oggettiva e inibito il dirigente Massimo Mundula (assistente arbitrale di parte durante l’incontro) fino al 26 febbraio 2025 per «grave condotta ingiuriosa e minacciosa posta in essere dopo la sospensione della gara». Una ricostruzione che la società contesta, pur ammettendo i fatti che hanno portato all’espulsione.

«Credo sia intanto doveroso rivolgere le scuse all’arbitro, a nome mio, della società e del ragazzo che ha usato una frase oltraggiosa e offensiva», dichiara il presidente della Civitas Tempio Salvatore Scano. «Poi però c’è stupore da parte nostra per la sentenza: la partita è stata sospesa perché, secondo l’arbitro, non c’era più il numero minimo di giocatori. In realtà siamo rimasti in sette per precedenti espulsioni per falli di gioco, proteste e doppia ammonizione». Stando alla ricostruzione della Civitas Tempio, il momento di discussione è nato perché i giocatori del Porto Torres chiedevano l'interruzione per mancanza del numero minimo (fino a sette calciatori è consentito giocare).

La società respinge le accuse di calci e pugni verso la porta dello spogliatoio dell'arbitro, nonché di ulteriori frasi minacciose e ingiuriose rivolte dopo la sospensione: «Non ci risultano», replica il presidente. «Non è successo niente di tutto questo, anzi: abbiamo sentito discussioni fra arbitro e tutor, che diremo al ricorso. Spero che tutto l’accaduto venga rappresentato meglio e si diano le sanzioni adeguate, ci appelliamo alla coscienza dell’arbitro per avere giustizia: è un’immagine che non meritiamo per la nostra storia e per quanto successo in campo».

Ci sarà quindi un ulteriore capitolo della vicenda: «La sentenza esprime una situazione devastante nei confronti della società», prosegue Scano. «Non siamo terroristi, da 35 anni ci facciamo notare per un’opera socio-educativa ancor prima che sportiva. Ci addolora due volte: una per il gesto del ragazzo e l’altra perché dalla sentenza viene fuori un’immagine della gara e della nostra società che non corrisponde al vero. Anche perché l’arbitro ci aveva detto che era sospesa per mancanza del numero minimo di giocatori. Non ci aspettavamo questa sentenza: presenteremo ricorso non tanto per andare a valutare questioni tecniche, ma per avere la necessità di capire cos’è stato scritto e perché il Giudice Sportivo ha dato questa valutazione. Tolto l’errore del ragazzo, che condanniamo, il resto non rappresenta quanto successo e danneggia l’immagine di una società che si è contraddistinta negli anni».

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