"Guardate che la Scavolini non è contenta dei due americani, se vi mettete in mostra...". Giulio Melilla lo disse a Paul Thompson e Dallas Comegys prima di affrontare la Scavolini Pesaro, una grande della serie A.

Risultato: i due fuoriclasse trascinarono la Dinamo al successo per 80-76. Al ritorno i sassaresi ne presero 24 e furono eliminati, ma resta l'impresa contro lo squadrone che poi vinse la Coppa Italia del 1992, battendo Treviso 95-92 con i due Usa in "odore di taglio" scatenati: Darren Daye ne fece 29, Workman fu il regista perfetto.

In questo aneddoto leggendario c'è molto dello spirito del coach che venne chiamato a Sassari nel 1991 per sostituire Piero Millina e colse la seconda salvezza in A2.

Fu confermato per la stagione successiva ma qualche mese dopo la Coppa Italia dovette cedere il posto al macedone Zare Markovski.

Giulio Melilla è morto a Udine, a 71 anni, colpito da un ictus cerebrale. Soprannominato lo "zingaro d'Abruzzo" perché era cresciuto a Ortona, è stato un buonissimo play-guardia, astuto e sfacciato (Roma, Varese e Udine) e ha indossato persino la maglia dell'Olimpia Cagliari.

Queste doti di giocatore "Giolio" le metteva sul campo come allenatore. Non amava troppo gli esercizi, preferiva far giocare la squadra.

Il suo inglese era maccheronico: "Paul stay calm", disse una volta a Thompson per invitarlo a tranquillizzarsi.

Si presentava con la camicia azzurrina aperta sino a terzo bottone e le maniche arrotolate, eppure capiva dove stava andando la partita e faceva le mosse giuste.

Era poi un grande motivatore. Con la Pagnossin aveva vinto anche lo scudetto femminile nel 1981.

Lo ricordano con simpatia i tifosi meno giovani e partecipa al lutto anche la Dinamo che esprime "alla famiglia le più sentite condoglianze del presidente Stefano Sardara e di tutta la società".
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