“Pure le cose pericolose vanno affrontate come un gioco: un esame, una canzone da cantare per la prima volta, una malattia. Ho avuto tre tumori, tre operazioni: a un polmone, a un rene, e alla vescica. Eppure ho compiuto 78 anni e sto benissimo”.

Roberto Vecchioni si è confessato in una intervista al “Corriere della Sera”, dalla carriera alla vita privata.

Il cantautore milanese ha raccontato del suo rapporto con l’alcol: “Ho smesso di bere. Del tutto: neanche un sorso di vino. Sette anni fa. Mi accorsi che stavo male, che perdevo tempo e attenzione per i figli”, ha spiegato.

L’autore di “Luci a San Siro” e “L’uomo che si gioca il cielo a dadi” ha affrontato anche il nodo della religione: "Credo nell’esistenza di Dio. Da cattolico, sia pure poco praticante. Come faccio a esserne sicuro? Perché il mondo è imperfetto. Se fosse perfetto, senza deviazioni, allora non ci sarebbe Dio. Invece Dio c’è, perché ci ha permesso, con il libero arbitrio, di affrontare il male e il bene”.

Ripercorrendo poi alcuni momenti fondamentali della sua carriera, ha ricordato un retroscena dietro il successo di “Samarcarda”, nel 1977, e del celebre ritornello “Oh oh cavallo”: “Mio padre scommetteva all'ippodromo e possedeva un cavallo da corsa di nome Nelumbo. E il primo ricordo che ho è di aver incolpato un cavallo a dondolo quando una volta, all'età di un anno mezzo, feci la pipì sul pavimento”.

A proposito, infine, della sua vittoria al Festival di Sanremo del 2011 con il brano “Chiamami ancora amore”, ha sostenuto di aver fatto un sogno premonitore sulla gara: “Ero sicuro che avrei vinto. Arrivai, feci le prove, andai a cena: il ristorante era vuoto. Alla fine della prima serata, dopo aver cantato la canzone, fuori dallo stesso ristorante c’erano quattrocento persone. Capii che il sogno era vero”.

(Unioneonline/F)

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