Suono elettronico e cassa dritta, per un racconto cantautorale, intimista e riflessivo.

È una combo vincente quella di Olly, giovane cantautore genovese, rivelazione dell’anno dopo la partecipazione a Sanremo con il brano “Polvere” (disco di platino) e oggi impegnato in un tour estivo che, questa sera, lo porterà all’Imaracuja Club di Budoni insieme al suo fidato producer Jvli per una serata inedita in formato dj set.

Un debutto assoluto nell’Isola per Olly, al secolo Federico Olivieri, pronto a farci ballare sull’onda dei brani più accesi del suo ultimo lavoro “Gira, il mondo gira”. «In Sardegna ero stato da piccolo con la mia famiglia e non vedevo l’ora di tornarci, anche per fare un po’ di vacanza con gli amici», ci ha raccontato Olly. «Il dj set? È un’esperienza nuova e voglio vivermela cercando di divertirmi il più possibile e farvi ballare con i miei brani più uptempo, tanti remix e mash-up con brani super popolari».

In scaletta ci sarà anche il nuovo singolo “Tutto con te”. Ce lo racconta?

«Chiude un grande cerchio ed è un invito all’ascoltatore a non farsi condizionare nel trovare la persona con cui condividere le esperienze e sentirsi libero di essere».

Nel video, infatti, la vediamo scambiarsi tenerezze con una donna matura.

«Sì, una splendida ottantenne e la cosa ha fatto scalpore, ma era proprio quello l’obiettivo. C’è stato chi ha capito il messaggio e si è divertito e chi, invece, l’ha vissuto come qualcosa di negativo, lasciando commenti di odio, una reazione che mi aspettavo. Volevo dimostrare che, nel mondo del tutto corretto di oggi, quando si prova a fare una cosa al di fuori degli schemi, si finisce per essere attaccati lo stesso».

Mamma magistrato, papà avvocato, suo fratello studia giurisprudenza, com’è diventato musicista?

«A furia di ascoltare i discorsi a cena e non capirci niente! (ride) No, in realtà i miei genitori mi hanno sempre fatto sentire libero di fare quello che volevo, ma assumendomi le mie responsabilità».

Nella sue canzoni parla spesso delle sue fragilità, una cosa insolita per un ragazzo di 22 anni.

«Non ho paura di farlo, perché è uno dei pochi momenti in cui ci riesco. Credo che le mie paure siano quelle di tutti i ragazzi della mia età: la paura del domani e di quello che è successo ieri, che non ci permette di vivere bene l’oggi. Quello che vorrei fare è cominciare un po’ di terapia, per andare più a fondo in certe zone di me stesso e capirmi di più. Lo dico pubblicamente, sperando che possa invogliare anche altri».

In tutto questo, che ruolo ha la musica?

«Potrei dire terapeutico, ma la verità è che mi sento realizzato a farla. Ogni volta è un’intera storia d’amore: l’incontro, l’infatuazione, l’innamoramento delle melodie, dell’atmosfera che si crea, la fatica e l’impegno che ci vuole a costruire un rapporto, quindi un brano, e la soddisfazione di vederlo nascere. Poi si cerca di farlo crescere bene e quando esce è il momento di lasciarlo andare libero nel mondo, un po’ come si fa con un figlio».

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