Non ama le etichette di indipendente o di outsider, ma la sua musica colta e raffinata è di certo una delle cose più originali che si sentiranno in questa 72esima edizione del Festival di Sanremo. 

Giovanni Truppi, nato a Napoli 40 anni fa, è il cantautore-paroliere per eccellenza, ma anche chitarrista e pianista. Ha alle spalle dieci anni di musica e cinque album (venerdì 4 febbraio uscirà la raccolta “Tutto l'universo”) ma sul palco della kermesse salirà per la prima volta in assoluto stasera con “Tuo padre, mia madre, Lucia”. 

“Una dichiarazione d’amore in inverno”, la definisce lui a L’Unione Sarda, e ad alto tasso di sperimentazione, con un'inventiva metrica brillante e “spoken word”, una parte recitata. Cinque gli autori del pezzo, oltre a lui Marco Buccelli, Giovanni Pallotti, Gino De Crescenzo “Pacifico” e Niccolò Contessa (I Cani). A dirigere l'orchestra sul palco dell'Ariston sarà Stefano Nanni.
Il 4 febbraio, nella serata delle cover, Truppi porterà all’Ariston “Nella mia ora di libertà” del “padrino” spirituale Fabrizio De Andrè, dal concept album del 1973 “Storia di un impiegato”. Affianco a lui Vinicio Capossela.

Stasera il debutto sul palco di Sanremo, come si sente?

“Abbastanza bene, per ora. Sono molto emozionato ma anche concentrato. Ho ancora tanto lavoro da fare fino a stasera e questo mi distrae e alleggerisce l’attesa e la tensione”.

Di cosa parla “Tuo padre, mia madre, Lucia”?

"Io e gli altri autori volevamo affrontare l’amore da una prospettiva che varca la soglia dell’innamoramento e riguarda più la progettualità. Come le promesse che si scambiano gli sposi. È la mia versione della canzone d’amore di Sanremo, anche se in realtà non pensavamo al Festival quando ci abbiamo lavorato”. 

Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)
Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)
Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)

È un brano autobiografico?

“Quello che vivo e provo è materia di lavoro per me e anche una parte consistente di questa canzone viene dalla mia vita personale: ‘Lucia’ è il nome di mia figlia, per dire. Ma voglio precisare che siamo cinque autori”.

Dal primo ascolto riservato ai giornalisti non sembra una canzone alla portata di tutti. Si preoccupa di questo aspetto o non ci pensa?

“Non lo vivo come un problema. Il fatto di non arrivare a tutti è una caratteristica della mia musica. L’unica cosa a cui penso è fare una bella performance”.

Lei ha una vastissima produzione musicale alle spalle eppure “esordisce” a Sanremo. Cosa rappresenta per lei quel palco? 

"Penso che sia un totem della musica italiana, e amandola molto mi ci sento legato non solo da musicista ma proprio da italiano. Ho sempre seguito il Festival, dalle scuole medie in poi. Ricordo nel 1999 l’apparizione dei Quintorigo, ero un ragazzo. Fu una scoperta incredibile”.

Deve ancora esibirsi e ha già vinto il premio Lunezia, rassegna battezzata 26 anni fa da Fernanda Pivano e Fabrizio De André. Secondo il critico Dario Salvatori lei dimostra “che è possibile essere un artista indipendente anche a quarant’anni e anche al Festival di Sanremo”. Si riconosce in questa descrizione?

“Sinceramente non so cosa significhi essere indipendente. Mi definirei tale intellettualmente e artisticamente ma pubblico con una major ormai da qualche anno”. 

C’è anche chi la definisce un “outsider”...

“Mi sembra che Sanremo rispecchi i gusti di tutti gli italiani e, un po’ come il Parlamento, c’è una maggioranza e c’è una minoranza. Io faccio parte della minoranza, tutto qui”. 

Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)
Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)
Giovanni Truppi (foto Ufficio stampa - Mattia Zoppellaro)

La sua musica richiama quella del grande cantautorato alla De Andrè. Non a caso porterà una sua cover venerdì. Che legame ha con il cantante genovese?

“Sono cresciuto con Fabrizio De Andrè. È tra i cantautori se non il cantautore che ho più amato negli anni della mia formazione umana e artistica”.

Perché ha scelto “Nella mia ora di libertà”?

“Mi sento molto rappresentato dal testo, è un condensato di considerazioni in cui credo. Canto una canzone d’amore per quasi tutte le sere del Festival e per questo mi sembrava importante far emergere la parte di me più politica”.

La canzone racconta i tormenti dell’Italia degli anni di piombo. Quali sono secondo lei gli elementi di attualità?

"È un brano che affronta il tema dell’uguaglianza, che oggi si sta riducendo sempre più. Il verso ‘Per quanto voi vi crediate assolti/siete per sempre coinvolti’ per me ha lo potenza di uno schiaffo. Poi parla dell’esercizio del potere. Non so se mi definirei un anarchico ma credo che l’organizzazione della società vada assolutamente rivisitata affinché ci sia più giustizia”.

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