Primo in classifica generale per gran parte della gara: un successo che Ermal Meta, autore, produttore e polistrumentista al 71esimo Festival di Sanremo con "Un milione di cose da dirti", non si aspettava affatto.

"Questo Sanremo per me è stato stranissimo - racconta poche ore prima del gran finale - ci sono arrivato un po' in sordina. Non ho voluto nemmeno l'autista, mi sono messo in macchina e ho viaggiato da solo. Mi sono detto: sto partendo con una canzone senza fuochi d'artificio, che ha bisogno di 3-4 ascolti prima di essere capita. Scoprirmi ai vertici della classifica è stata una grande sorpresa, sono stato letteralmente inondato dall'affetto delle persone".

Anche se, confessa, "al numero uno si sta con la testa girata, col torcicollo, perché da un momento all'altro si può cadere".

Per lui questo è il Festival numero quattro, dopo l'esordio tra le Nuove Proposte nel 2016, un terzo posto tra i Big nel 2017 e la vittoria con Fabrizio Moro nel 2018. Il pezzo di quest'anno è una romantica ballad, fa parte degli undici inediti che usciranno il 12 marzo nell'ultimo album "Tribù urbana": "E' una canzone impalpabile: la mia è una precisa scelta non solo stilistica ma anche emotiva. A fare casino ci vuole poco: invece, anche per via del Covid, mi sono ritrovato a cercare l'essenziale".

"Quando perdi la quotidianità delle piccole cose - spiega - ti rendi conto che hai veramente bisogno di poco per stare bene e per essere felice. Ciò si è riflettuto anche sulla mia scrittura". Nelle sue prime intenzioni c'era quella di interpretare il pezzo solo piano e voce: "Poi ho pensato che sarebbe stato un vero spreco non utilizzare quella grande orchestra. Ammetto però che ho fatto fatica a riarrangiare il brano".

E se non riesco ad alzarti starò con te per terra è uno dei versi che ha più colpito il pubblico: "Ne sono felice, è il mio preferito. Le parole di una canzone sono come le pietre di una strada: io costruisco i testi per far 'inciampare' l'orecchio su quello che vorrei restasse impresso. Forse stavolta ci sono riuscito".

E se qualcuno si aspettava un'altra canzone "sociale" come era stata "Non mi avete fatto niente" nel 2018 "mi spiace, io quest'anno non volevo lanciare alcun messaggio: siamo stati bombardati di messaggi per tutto l'anno. E' come se non fosse cool a volte parlare di sentimenti, ma è la cosa che conosciamo meglio. Io ho fatto quel che mi sentivo di fare".

E poi, rispetto al 2018, è cambiato tutto e mai come stavolta non è una frase retorica: "E' cambiata la consapevolezza con cui sono salito all'Ariston. Quando Amadeus mi ha chiamato sono stato felicissimo: sarei tornato finalmente a cantare con dei musicisti e sul palco più importante d'Italia e forse anche d'Europa".

La scaletta spesso e volentieri non gli ha reso giustizia: "Caruso" (l'omaggio a Lucio Dalla nella serata delle cover, al primo posto con il voto dell'orchestra) è andata in scena quasi alle 2 di notte. "Ormai non era più il 4 marzo, non potevo neanche fare gli auguri a Lucio! - scherza Meta -. Anche la mia nipotina di cinque anni Miria non è riuscita a guardarmi, perché crollava dal sonno. Non faccio però nessuna polemica sui tempi di esibizione. Siamo in 26 a dover cantare ed è vero, potrei chiedermi 'perché io così tardi?' ma anche 'perché non io?'. Non sono favorevole neanche al sorteggio, è giusto che ci facciano uscire in base alle esigenze tv".
© Riproduzione riservata