Santa televisione e santissime piattaforme streaming che ci aiutano a superare la reclusione domestica in queste settimane di quarantena. Se è vero che la produzione di nuove serie televisive è ferma - come ogni settore del nostro Paese e del mondo intero -, per fortuna una buona manciata di fiction (in fase di post-produzione) è ora pronta per i nuovi palinsesti: dal crepuscolare "Tales from the Loop" alla verve tragicomica della seconda stagione di "After Life" con un siderale Ricky Gervais.

Iniziamo con i sei capitoli (purtroppo solo da 30 minuti l'uno) del piccolo capolavoro dell'attore, regista e produttore inglese Ricky Gervais, 58 anni e una granitica carriera alle spalle. Siamo alla seconda stagione, disponibile su Netflix da venerdì scorso. Facciamo subito un passo indietro e partiamo dalla trama della prima parte: Tony (interpretato da Gervais) è il caporedattore di un freepress di una cittadina della provincia britannica.

È sprofondato nel lutto più nero con la morte prematura (un tumore fulminante) della dinamica e simpatica moglie Lia (l'attrice Kerry Godliman, 46 anni). Negli ultimi giorni di vita, Lia ha lasciato sul computer di Tony una sorta di testamento spirituale e di guida pratica alla sopravvivenza per il marito, imbranato e tendente alla depressione. Una serie di videomessaggi (in un mix di ironia e maliconia) su come andare avanti senza di lei: da come caricare la lavatrice a come fare una buona spesa. Tony però non ce la fa. Diventa cinico e affronta il lavoro con quello humor nero tipico degli inglesi. Ha anche tentato (maldestramente) il suicidio, ma grazie a una vedova, molto più grande di lui, e all'amore incondizionato di un cane lupo, riesce a risalire la china. Ed ecco la seconda stagione. Chi è il nuovo Tony? Riuscirà veramente a ritrovare l'amore per il suo lavoro e per l'umanità intera? E qui ci fermiamo.

Di tutt'altre tinte "Tales from the Loop" che fa il suo esordio su Amazon Prime. Partiamo dalla genesi, assai particolare. Se molte serie tv sono state ispirate da romanzi, altre sono la versione a puntate e rivista di grandi lungometraggi, "Tales from the Loop" trova le sue radici nei quadri dell'artista svedese Simon Stalenhag, 36 anni. Va detto che dalle opere di Stalenhag erano già stati tratti libri e un gioco da tavolo. L'artista crea dei disegni che raffigurano principalmente luoghi innevati del Nord Europa dove emergono robot (parecchio arrugginiti) o fattorie isolate su cieli plumbei da cui sbucano astronavi ipertecnologiche. Un universo misto: fatto di luoghi ancestrali e strumenti del futuro. Siamo, dunque, nel campo della fantascienza: non quella algida né quella steampunk. Verebbe da dire, semmai rurale. Ci troviamo, infatti, in una cittadina dell'Ohio, ma potremmo essere in scandinava come all'estremo del Canada. Case sparse e un piccolo centro con i soliti negozi e punti ristoro concentrati lungo la via principale. Un lago quasi ghiacciato, un fitto bosco e tanta, tantissima neve. Al di sotto respira il Loop. Cosa è? Si tratta di un laboratorio di ricerca dove prestano servizio, a vario titolo, quasi tutti gli abitanti adulti della comunità. Il cuore del Loop è un gigantesco acceleratore di particelle, forse di origine aliena, su cui si concentrano tutti gli esperimenti degli scienziati radunati nei sotterranei della cittadella. Una presenza (amica o nemica?) che condiziona (e stravolge) la vita di chi vive al di sopra. Parecchio crepuscolare, non aspettatevi scontri galattici alla "Star Trek" né avventura tinta di commedia come "Stranger Things", "Tales from the Loop" è composta di otto episodi.
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