“Classe 1966, leggermente strabica, mi manca un canino, ho le gambe storte. Seno: non pervenuto. Vorrei fare la modella”. È questo il messaggio che accompagnava il book fotografico di Valeria Sechi quando ha cominciato a contattare le agenzie per realizzare il suo sogno. «Una mail così ti dice che hai davanti una persona sicura di sé, autoironica, con una gran faccia tosta», racconta da Brescia dove si è trasferita per amore quando era una ragazza.

E oggi quel traguardo lo ha raggiunto perché è una delle più note modelle-grey o, come usa dire, “over-anta”, ha cinque figli – tre femmine e due maschi -, «e crescerli dovrebbe essere annoverato fra gli sport estremi», ironizza.

Tutto è partito da molto lontano, da quando ha lasciato Sant’Antioco per trasferirsi a Cagliari e poi infine a Brescia. Aveva conosciuto il suo futuro marito e si era innamorata dell’idea di «essere libera». Padre con problemi di ludopatia, condizione che ha fatto trascorrere alla famiglia degli anni molto difficili, «ma tutto questo ha fatto in modo che il legame fra me e i miei tre fratelli fosse molto stretto, solido e importante». «Ho fatto pace con la figura di mio padre negli anni, in fondo ha fatto più male a se stesso che a noi. Quando ero una ragazzina vivevamo sempre sotto sfratto, con un incubo chiamato ufficiale giudiziario, e ho sofferto molto questa situazione», ricorda. «Noi figli indossavamo gli abiti dismessi dei cugini “ricchi”, per me era la normalità. Poi ho scoperto che potevi andare a comprarli nei negozi e ho pensato: fantastico!». 

Quando ha conosciuto suo marito tutto è cambiato?

«Io dico sempre di essere stata un souvenir del suo servizio militare, del periodo in cui era venuto a Cagliari. Poi col tempo mi sono resa conto di non averlo valutato completamente perché lo avevo vissuto solo in un contesto di extraquotidianità. Dopo ho capito di non conoscerlo davvero. E, come tante, mi è scattato lo spirito da crocerossina: io lo salverò, lo cambierò. Non credeteci, non è mai vero. Sia chiaro che non è un uomo né cattivo né con problemi comportamentali, è solo che, per motivi diversi, mi ha fatto ripiombare in una realtà uguale a quella che vivevo in Sardegna. Era incapace di gestire il denaro».

Di nuovo ufficiali giudiziari…

«Non solo. Anche bollette non pagate con conseguente distacco della corrente. Circostanze in cui mi sono dovuta inventare qualcosa per spiegare tutto ai miei figli».

E cos’ha fatto?

«Quando ci hanno portato via tutti i mobili, lampadari compresi, sono andata a prendere i bambini a scuola e ho detto loro: “Ragazzi, c’è una bellissima sorpresa per voi, a casa abbiamo un open space e possiamo giocare a calcetto in sala”. Quando invece è mancata l’energia ho annunciato la partecipazione a un esperimento sociale: quanto si può vivere senza corrente?».

Una strategia di sopravvivenza.

«Esatto: se non posso scegliere cosa mi capita, posso almeno scegliere come affrontarla».

Valeria Sechi (foto concessa)
Valeria Sechi (foto concessa)
Valeria Sechi (foto concessa)

I suoi figli li descrive come «un patrimonio».

«E lo sono. Consideri che per averli ho affrontato cinque cesarei, quindi li ho voluti fortemente. Era quello che volevo fare: occuparmi di loro e della famiglia. La più piccola, che ha la sindrome di Down, non la chiamo “diversamente abile” ma “abilmente diversa”, questo fa capire molto di noi». 

Arriviamo a quando decide di fare la modella a 50 anni.

«Con cinque figli e senza il classico pezzo di carta che certificasse le mie competenze, perché avevo lasciato l’università per fare la moglie e la mamma, ho fatto ogni tipo di lavoro, tutto ciò che mi permetteva di mettere insieme il pranzo e la cena. In quel fatidico compleanno mi sono sentita morire: 50 anni? Fermi tutti, e come sono arrivata fino a qui? Una vera e propria crisi, ho iniziato a farmi delle domande. Dico subito una cosa: non è importante trovare le risposte ma farsi le domande giuste. Comunque, mi chiedevo: la mia vita mi piace? Mi soddisfa? Ho questi figli meravigliosi ma il resto no, niente lavoro fisso, niente casa, neanche un centesimo».

Un bilancio che negativo è dir poco.

«Eppure spesso la nostra forza la usiamo per sopportare e per resistere, non per combattere. Io e mio marito ci siamo separati, con 4 dei miei figli sono andata a vivere in un’altra abitazione, non c’era nulla, nemmeno il frigo. In compenso c’era la muffa. E, sorpresa, ho trovato un lavoro da fattorino con contratto a tempo indeterminato e tutte le garanzie. Mi sono sentita rinascere. Intorno invece il vuoto. Cercavo dei modelli di riferimento, la morte civile. A 50 anni era come se le donne sparissero. Vedevo le ragazze che si ritoccavano con la chirurgia estetica e avevano il terrore di invecchiare, a me sembra invece stupendo avere ancora il tempo per fare tante cose».

Quindi si è proposta come modella.

«E sa quali sono state le prime offerte? Pubblicità per adesivi per dentiere, assorbenti per incontinenza e macchinari montascale. Come a dire che invecchiare vuol dire perdere i denti, farsela addosso e non saper fare le scale. No, non ci sto».

Fra le sue caratteristiche ci sono i capelli grigi, cosa risponde a chi li indica come simbolo di sciatteria?

«Ho cominciato ad averli a 30 anni, oggi rappresentano il rapporto che ho con l’avanzare degli anni, fluisco col tempo, non lo ostacolo. Non voglio dimostrare meno anni, ma lascio che gli anni mi disegnino. Trovo molto più sciatto un capello tinto su una persona che poi non si cura. La sciatteria non è tinta sì o tinta no, ma perché la fai. Se è per non essere criticati è un errore, se è per piacere a se stessi è una scelta».

I segni dell’età: gli uomini li notano meno delle donne?

«Non si può generalizzare ma sicuramente noi donne siamo tremende. Se ci dedicassimo ai nostri sogni con lo stesso accanimento che abbiamo contro un pelo incarnito saremmo inarrestabili. Gli uomini notano più l’atteggiamento della donna che hanno davanti. E vedono se ha la luce negli occhi. Spesso percorriamo un solco creato dalle decisioni che abbiamo preso, e mentre camminiamo è via via più profondo. Se ti piace, tutto ok. Ma se senti che è sempre più stretto, tira fuori la testa e arrampicati. Il nostro grave handicap è quello di ragionare in termini di sottrazione, ma l’età tanto toglie e tanto dà».

Valeria Sechi (foto concessa)
Valeria Sechi (foto concessa)
Valeria Sechi (foto concessa)

Completiamo insieme qualche frase: a cinquant’anni si deve…

«Guardare al tempo della vita come tempo utile per provare a realizzare i propri sogni, non puoi più rimandare. Il cambiamento è come una montagna da scalare, se guardi solo la cima ti sembra irraggiungibile. Invece guarda dove metti i piedi e passo dopo passo sali. Intanto cambiano l’aria, il panorama, e la tua vita sta già migliorando. Cadrai? Controllerai di avere l’attrezzatura giusta – non vai a scalare con l’infradito ai piedi, per intenderci – e ripartirai».

Vale anche per i giovani?

«Certo. Spesso hanno il terrore di scegliere: e se poi sbaglio?, si chiedono. Ma non importa: torneranno indietro e faranno un’altra scelta. Non è che il fallimento ti qualifichi come un fallito nella società».

Un’altra frase da completare: a 50 anni non si può più…

«Dare agli altri il potere che abbiamo sempre dato loro. Oggi viviamo come delle pulsantiere. Riceviamo un complimento? Siamo felici. Una critica? Oddio che brutto. Non rimaniamo in balia di questi sentimenti, diamo troppo valore al giudizio degli altri».

Al mattino mi guardo allo specchio e devo pensare che…

«Sono fortunata. Poterlo fare non è così scontato. Non è scontato svegliarsi. E ogni giorno nuovo è un nuovo giorno tutto da scrivere. La gratitudine sia sempre il primo pensiero».

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