A Romagnese, minuscolo comune dell’Oltrepò pavese, non si sentiva un neonato piangere dal lontano 1957. Sessantasei anni dopo, finalmente, un vagito.

Di cognome Truddaiu, c’è un po’ di Sardegna nelle vene della piccola Marghelisa, tre chili e 600 grammi, nata pochi giorni fa in queste terre verdissime da papà Luca, 25 anni, famiglia di Perfugas trapiantata in Lombardia negli anni Sessanta, e mamma Elisa Nervetti, 36, originaria di queste zone.

Una storia, la loro, di speranza e resilienza. E che può insegnare qualcosa ai tanti comuni afflitti dal dramma dello spopolamento, anche in Sardegna.

Tutto è iniziato quattro anni fa a pochi mesi dal Covid. Impiegata in un’azienda agricola lei, agente immobiliare lui, Elisa e Luca si sono conosciuti e innamorati all’istante, nel 2019. Nel 2020 l’esplosione della pandemia con il drammatico lockdown e alla domanda che si sono posti tutti, «Che facciamo?», la risposta è stata immediata e quasi scontata: «Andiamo in campagna».

Luca ha raggiunto Elisa e insieme si sono stabiliti in una villetta a Romagnese, comune di 500 anime, e precisamente nella frazione di Canedo, dove le anime sono nove. Con Marghelisa, adesso, dieci. Come racconta Luca Truddaiu.

Perché avete scelto proprio Canedo?

«Qui vicino abita il papà della mia compagna, volevamo stargli vicino. Ma soprattutto avevamo l’esigenza di vivere in campagna, con un clima più mite rispetto alla pianura padana, e tanta aria buona. La casa è quella dei nostri sogni, circondata dal verde, con tanti animali da cortile».

Pro e contro di vivere in un comune così piccolo?

«Onestamente, di contro, io non ne vedo. I pro: la pace, la serenità, il forte senso di comunità che avvertiamo tutti. Per qualsiasi cosa sai che puoi bussare a una porta e c’è sempre qualcuno che ti darà una mano. Poi Romagnese non è così desolata… ci sono la banca, l’ufficio postale, la farmacia, ben due bar. E tutto intorno posti splendidi da riscoprire e che stanno cominciando a vivere un buon momento dal punto di vista turistico».

Quanto è distante il Policlinico di Pavia, dove è nata Marghelisa?

«Un’ora e mezza di auto. Sembra tanto, me ne rendo conto, ma noi siamo predisposti al viaggio e per Elisa, abituata a spostarsi per lavoro tutti i giorni come me, è stato gestibile anche se si erano rotte le acque. Anche questo fa parte del compromesso e della vita che abbiamo scelto. Quello che per gli altri è un disagio, per noi è il punto forte».

Vi aspettavate tutto questo clamore per la vostra bambina?

«In realtà no. Tutto è nato dall’invito del sindaco di Romagnese, Manuel Achille, a rilasciare un’intervista alla Provincia Pavese per dare la notizia. Abbiamo detto sì non tanto per noi, quanto perché ci tenevamo a diffondere il messaggio che si può vivere in queste zone, avere una famiglia, investire sul futuro del territorio». 

A proposito di futuro, come vedete il vostro? 

«Sicuramente qui. L’esperienza in grandi città, o città comode nel senso comune del termine, l’abbiamo fatta entrambi. E pensavamo di essere felici, ma questi ultimi quattro anni ci hanno fatto totalmente ricredere. L’obiettivo è stabilirci sempre più sul territorio e radicarci in questi luoghi che definirei della resilienza».

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