La Sardegna è una terra in grado di offrire a ogni tipo di turismo la giusta “soddisfazione”, e lo sa bene Enrico Pusceddu, 34enne cagliaritano che, come travel influencer, ha fatto delle bellezze dell’Isola uno dei punti di forza del suo lavoro.

Panorami mozzafiato, luoghi sconosciuti, spiagge incantate sono i protagonisti dei video che vengono pubblicati sulle sue piattaforme social e che attirano migliaia di commenti e “like”. Una presenza che non è passata inosservata nel settore e che lo ha portato ad essere uno dei finalisti dell’Italy Ambassador Awards, il contest la cui cerimonia finale è in programma il 23 novembre a Firenze.

Cosa fa esattamente il travel influencer o content creator?

«Crea contenuti foto e video per promuovere, nel mio caso, luoghi della Sardegna. Li pubblico sui miei canali social e in questo modo ho creato una bella e numerosa community».

Può considerarsi un nuovo tipo di lavoro?

«Sì, lo faccio da una decina d’anni, anzi spesso porto mio figlio, che ha sei anni. Viene con me in alcune delle mie avventure ed è protagonista di vari video. Da sempre è abituato a videocamere, droni, e soprattutto al contatto con la natura».

Com’è nata questa idea di promozione?

«Durante il periodo della pandemia ho fondato, con Jacopo Cogoni, una piattaforma: Sardinia Itineraries. L’esigenza era quella di uscire, di “rivedere” il mondo, e anche di convertire le richieste da parte dei follower che cominciavano a pensare a cosa fare una volta finito il lockdown. Sulla piattaforma chiunque può creare, gratuitamente, il proprio itinerario. Poi lo arricchiamo inviando il pdf e segnalando location vicine da visitare».

Ci vuole una preparazione particolare?

«Intanto molta curiosità. Il mio percorso è iniziato dalla posizione opposta. Ho cominciato a seguire corsi di recitazione cinematografica perché avevo la passione per i video, poi mi sono spostato dietro la videocamera e sono approdato su YouTube dove pubblicavo le immagini dei miei tour, ma per alimentare il canale bisognava viaggiare tantissimo. Allora ho riscoperto Facebook, poi Instagram (enricotravels_insardinia), e mi sono concentrato via via solo sulla Sardegna».

Quella del mare cristallino?

«Anche, ma non solo. Cerco di raccontarla a 360 gradi con la storia, le tradizioni, i siti archeologici, i musei. Abbiamo oltre 7mila siti, le proposte non mancano».

Fra queste c’è quella che l’ha portata all’Italy Ambassador Awards, di cosa si tratta?

«È il premio nazionale per i migliori content creator e influencer che sponsorizzano l’Italia. Il mio profilo Instagram aveva molta visibilità e mi hanno chiesto di partecipare. Bisognava realizzare un video da postare sulla mia pagina social sul tema della sostenibilità, io ho scelto il campo turistico. Ho unito le mie idee a quelle di Sa Rutta Experience e proprio qualche settimana fa mi è stato comunicato che sarò tra i finalisti. Dalla Sardegna siamo solo in due ma in categorie differenti».

Cos’è la sostenibilità in campo turistico?

«La mia idea è di poter viaggiare cercando di scoprire le realtà locali, capire come si muovono, e come si impegnano per realizzare i loro progetti. Sostenibilità riferita a tutto ciò che arriva da fonti rinnovabili».

A che punto è la Sardegna a livello di sostenibilità e di turismo? E il binomio funziona?

«Ho trovato realtà interessanti nelle zone meno turistiche, sembra un controsenso, ma quelle che hanno un maggior numero di presenze lavorano da anni e hanno quindi più difficoltà nel riconvertire certe strutture per seguire un modello sostenibile. Quelle meno turistiche, invece, possono partire già con determinate caratteristiche tipiche della sostenibilità».

Avrà visto posti bellissimi in questi anni, quale le ha rapito il cuore?

«La cascata di Capo Nieddu a Cuglieri: è a carattere torrentizio ed è difficile trovarla al suo massimo splendore, ora è secca ad esempio, ma dopo le piogge a un certo punto sembra di stare in un luogo del nord Europa. Scarica acqua in mare dopo un salto di 40 metri, è bellissima. E poi Sa Brecca de is Tapparas a Perdasdefogu, una sorta di gola di 40 metri sotto terra, lo spazio tra una parete e l’altra è di un metro, un metro e mezzo, sembra di essere nelle viscere della terra. Vorrei citare anche la grotta di Santa Barbara a Iglesias, perché merita di essere visitata».

C’è un posto che potrebbe essere valorizzato e invece ha trovato in stato di degrado o abbandono?

«Degrado o abbandono no, però tutta la parte fra Iglesias e Oristano ha un elevato potenziale, e si potrebbe fare qualcosa di più a livello di trasporti. Molte volte i turisti mi dicono che hanno difficoltà perché non c’è una rete funzionale. È anche vero che parliamo di posti per lo più “selvaggi”: da un lato non attirano un certo turismo, dall’altro sono il meglio per chi cerca l’avventura, o per i surfisti, o chi viaggia col minivan».

C’è un luogo che molti cagliaritani potrebbero non conoscere pur avendolo sott’occhi?

«Penso a Cagliari sotterranea, si passa dalla chiesa di Sant’Eulalia e si può visitare la vecchia città, la Marina. Mi sono accorto che molti non hanno mai fatto questa esperienza».

Cosa cerca, secondo lei, il turista?

«Il turista oggi è annoiato e ha bisogno di esperienze, di adrenalina. Attività sportive o enogastronomiche, a seconda dei gusti, ma vuole vivere emozioni. Qualcosa che vada dritto al cuore e si possa conservare come ricordo per sempre».

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