Facciamo così: 37 province e non se ne parla più.

Una per ogni regione storica della Sardegna.

Dovremo prima bisticciare un po' per decidere se sono 37 o 33, ma niente che non si possa risolvere con una dozzina d'anni di dibattiti e convegni.

E poi ciascuno avrà il suo ente territoriale su misura, sartoriale.

Va bene così?

Basta che la finiamo con questa irritante polemica su aree strategiche e città metropolitane e rave e fave.

O erano aree metropolitane e città strategiche?

Non ce lo si ricorda neanche più.

Perché qua stiamo a contenderci pentole vuote come se poi potessimo mangiarci l'acciaio antiaderente, ci si passi la terminologia da televendita.

Cambiamo i nomi ma non le cose, eppure i primi dovrebbero essere conseguenza delle seconde.

In teoria, il problema è semplice: le province non ci saranno più, ma ci sono funzioni che non possono gestire i Comuni e neppure la Regione.

I trasporti di area vasta come li organizziamo?

E le aree industriali e commerciali?

O ancora: le scuole superiori stanno nei grandi centri, ma accolgono gli studenti delle zone vicine. Chi si fa carico della programmazione e dei costi?

Qualcuno dirà: ci vorrebbe una provincia.

Ma quello strumento l'abbiamo buttato via (dopo averlo inflazionato) senza pensarci abbastanza e senza avere un piano B.

Anziché cercare un nuovo, più efficace strumento di governo locale, la politica sarda dà una brutta immagine di sé col buffo derby sulla città metropolitana.

Cagliari - che ha oggettivamente un tessuto urbano unico - a volte scorda che, per crescere, deve far crescere anche il resto dell'Isola. Il Sassarese e la Gallura, pur avendo alcune buone ragioni, fanno prevalere l'antagonismo col capoluogo.

Altri centri sperano nelle briciole avanzate al tavolo, anziché proporre idee originali. Non che non ci siano posizioni ragionevoli (per esempio alcune espresse dall'Università di Sassari): le soffoca però la confusione di chi ne fa una questione di prestigio o, peggio, di poltrone. I sindaci più consapevoli pongono la questione - serissima - dello spopolamento e dello sviluppo diffuso: possiamo davvero dire che i partiti stiano lavorando ai rimedi?

Il presidente Pigliaru ha posto di fatto una questione di fiducia sulla riforma degli enti locali: c'è da chiedersi ora quanto lo convinca la mediazione che inventa le città mezzopolitane (metropolitane a metà).

Intanto la sua Giunta deve aggravare l'Irpef ai sardi perché il deficit della sanità è incontrollabile.

C'è da chiedersi - ancora - se queste guerre di campanile permetteranno al governatore di arrivare alla soluzione che ha in mente, cioè l'Asl unica.

Al momento buono, il dibattito sarà inquinato dalla difesa delle mille satrapie delle Asl: scommettiamo? Facciamo così: torniamo alle 22 Usl degli anni '80, e non se ne parla più.
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