Proteggere la campagna: l’analisi del 16 dicembre 2025
Di Giuseppe PulinaLa recente Direttiva europea sul monitoraggio e la resilienza del suolo (2360/25 del 12 novembre) introduce un principio che dovrebbe orientare con forza le politiche territoriali dell’Unione dei prossimi anni, in quanto ci dice che il suolo non è una risorsa infinita, ma un capitale naturale da tutelare perché da esso dipendono sicurezza alimentare, stabilità climatica e qualità degli ecosistemi.
In questo contesto, la Sardegna ha tutte le caratteristiche per proporsi come un vero laboratorio europeo della salute del suolo. Infatti, l’Isola dispone di circa 800 mila ettari di pascoli e prati-pascoli avvicendati e di oltre 1,3 milioni di ettari di superficie silvana, una dotazione territoriale eccezionale nel contesto mediterraneo, che rende la Sardegna un caso emblematico di integrazione tra suolo, biodiversità, allevamento estensivo e paesaggio.
La direttiva europea individua proprio nella capacità del suolo di trattenere carbonio e acqua e di garantire biodiversità l’indicatore chiave della sua salute, e i sistemi pascolivi sono tra quelli che meglio rispondono a questo obiettivo.
In Sardegna, il pascolamento delle superfici erbacee, arbustive e silvane non è solo una tecnica produttiva, ma una forma storica di gestione del territorio. Infatti, i sistemi ovini e bovini bradi, legati alle filiere dei formaggi e delle carni grass-fed, mantengono coperture vegetali continue che riducono l’erosione e aumentano la sostanza organica del suolo, contribuendo perciò alla resilienza degli ecosistemi rispetto alla siccità e agli eventi climatici estremi.
Esattamente ciò che l’Europa oggi chiede alle politiche del suolo.
Se la Sardegna vuole presentarsi come l’Isola della salute del suolo, deve però compiere scelte coerenti. La prima è riconoscere che la tutela del suolo agricolo e pastorale è una priorità strategica e, sotto questo aspetto, la diffusione indiscriminata di impianti fotovoltaici sui suoli agricoli rappresenta una contraddizione evidente rispetto agli obiettivi europei.
La produzione di energia rinnovabile è necessaria, ma non può avvenire a scapito delle funzioni agroecologiche del territorio. Gli impianti, pertanto, dovrebbero essere limitati a soluzioni realmente non impattanti sul suolo, orientate innanzitutto a soddisfare i fabbisogni delle comunità energetiche rurali e dei centri urbani limitrofi, sempre nel rispetto dei vincoli paesaggistici e agroecologici.
Il suolo agricolo non può diventare una superficie residuale da occupare, ma deve restare un’infrastruttura viva, produttiva e multifunzionale.
La seconda è approfittare del fatto che la direttiva europea offre alla Sardegna una cornice politica e culturale forte per rilanciare il ruolo del pascolamento come presidio ambientale, economico e sociale. Investire sulle filiere del pascolo significa difendere il suolo, il paesaggio e l’identità produttiva dell’Isola.
Entrambe le azioni portano a dimostrare che la transizione ecologica non passa dalla sostituzione dei sistemi agricoli, ma dal loro governo intelligente e, su questo punto, la Sardegna non è la periferia, ma può diventare un riferimento per l’Europa.
Giuseppe Pulina – Università di Sassari