Fra una prova dignitosa, e le pacche sulle spalle per qualcosa che poteva essere e non è stato, c’è la classifica. Vecchio problema, per il Cagliari, per i tifosi, l’ambiente, l’Isola e i sardi sparsi sulla Terra. Siamo lì sotto, a chiederci come mai, a cercare di capire cosa manchi a questa squadra per non essere perlomeno al centro di quest’infallibile sistema numerico, al quale non si può mentire: se non vinci, non vai avanti.

La stagione sportiva della squadra dei Quattro Mori è nelle mani di un presidente, un direttore sportivo e di un allenatore, i primi due hanno riposto tutte le aspettative sul ragazzo di Napoli, a gennaio saranno quaranta e senza dubbio è il tecnico più stimolato, motivato e passionale del circuito. Perché ha fame, curiosità, non ha la minima paura di osare e negli occhi ha quella rabbiosa certezza di chi sa dove andare. A ogni costo.

A Bergamo, sabato sera, in uno stadio che ti fa tremare, dove respirano la Champions, fra talento, qualità e potenza a disposizione di Palladino, il Cagliari ha saputo tenere la partita in bilico fino al fischio finale, non lo ammetteranno ma hanno tremato a Bergamo e non era certo per quel freddo assassino. Senza quel fuorigioco al 94′, saremmo qui a dire le stesse cose: il percorso è questo, costi quel che costi, i giovani devono imparare a non sbagliare, a stare sul pezzo, esibendo quella sfacciataggine che sta diventando il biglietto di presentazione del Cagliari ‘25-26’.

Sì, va bene, poi c’è la classifica. I colpacci del Verona, Lecce e Genoa (a Udine la settimana scorsa) hanno ridisegnato la classifica nella parte “rossa”, quella delle pericolanti. Il Cagliari ha vinto una sola partita nelle ultime dieci e sottovoce, il tifoso rossoblù si chiede cosa sarebbe successo se avessimo trovato un’altra Roma nel percorso a ostacoli dei rossoblù in questa stagione.

Insomma, questa squadra piace, perché lotta, perché arriva fino in fondo senza mai crollare, ha carattere, sfacciataggine, talento e diversi ottimi cambi, ma vince poco. Quattro elementi possono rappresentare una parziale giustificazione per Pisacane e il rendimento del suo Cagliari: davanti hai perso Belotti, Pavoletti non ha autonomia, Luvumbo è dentro un tunnel dal quale fatica a uscire, un semi-attaccante come Felici lo rivedrai chissà quando.

Però le parate di Caprile, le cavalcate di Palestra, la spinta di Obert, la crescita a vista d’occhio di Rodriguez, la sicurezza che dà Deiola, le giocate di Esposito e Gaetano, la foga di Borrelli, tutto questo piace e infonde fiducia. La classifica, con questi qui, fa meno paura.

Enrico Pilia

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