Alla fine del luglio scorso, la notizia dei giganteschi incendi che hanno devastato il Montiferru ha colpito profondamente i sardi. In quei giorni non si parlava d’altro. Anche, naturalmente, sui social. Dove a raccontare il dramma di quei dodicimila ettari di territorio violentato erano spesso le immagini delle fiamme che divoravano boschi e arrivavano a minacciare da vicino persone e case.

Una fotografia tra le altre sembra aver assunto il ruolo di simbolo dell’evento: mostra una palla di fuoco, un muro rossastro davanti al quale sta, in piedi, un uomo: inquadrato di spalle, indossa una maglietta scura e, in un gesto di rabbia e disperazione, porta le mani alla testa. Un’immagine potente, efficace, che ha commosso tanti. In molti l’hanno condivisa, non solo semplici utenti dei social ma anche blog, siti di informazione e testate giornalistiche, e tantissimi hanno commentato, scossi dalle emozioni che quella foto suscita: quell’uomo rappresenta con forza la rabbia e la disperazione di quanti si sono ritrovati a contare capi di bestiame morti, raccolti distrutti, memorie e sforzi ridotti in fumo.

Peccato che quella foto non sia stata scattata nel Montiferru e neppure nel luglio scorso, bensì in un altro luglio: quello di quattro anni fa.

A raccontarlo è l’autore di quella foto, che si chiama Angelo Cucca, è nato a Iglesias 58 anni fa ed è un fotografo professionista le cui immagini vengono pubblicate ormai da lungo tempo da L’Unione Sarda. E proprio per conto del quotidiano il 9 luglio 2017 Angelo Cucca era nelle campagne di Villamassargia per documentare l’ennesima giornata di fuoco vissuta dalla nostra isola. La persona giusta al posto giusto: non solo un fotografo capace, ma un esperto di incendi, dato che per parecchi anni ha prestato opera da volontario nelle squadre antincendio di Villamassargia, Iglesias e Siliqua.

Era una domenica pomeriggio, racconta Cucca, e già nei giorni precedenti in tutta la zona c’erano stati piccoli incendi. La situazione era grave: lungo tutta la provinciale che conduce a Domusnovas e Musei divamparono cinque roghi, innescati in cinque diversi punti, probabilmente da qualcuno che aveva percorso in macchina quella strada, facendo diverse tappe per appiccare il fuoco. Verso le 15 le fiamme, alimentate dal vento, erano al massimo della loro forza. La stazione ferroviaria di Villamassargia era avvolta dal fumo, il fuoco minacciava da vicino diversi ovili, a Domusnovas la popolazione si era riversata per le strade armata di secchi e zappe nel tentativo di arginare le fiamme: alcuni orti andarono bruciati. Il fotografo iglesiente ricorda di aver visto gente che spruzzava acqua con le pompe da giardino, un uomo che aveva rischiato la vita per salvare i suoi cani.

La foto diventata il simbolo degli incendi del Montiferru fu scattata quel pomeriggio in una grossa azienda agricola a un chilometro e mezzo dal paese di Villamassargia. Della persona ritratta di spalle mentre si dispera davanti a un muro di fuoco Angelo Cucca conosce nome e cognome: è un operaio che possiede una campagna proprio di fronte all’azienda agricola in fiamme. Era arrivato lì di corsa perché temeva che l’incendio avesse coinvolto il suo podere e, vista la gravità della situazione, era rimasto a dare una mano. Quando l’obiettivo di Angelo Cucca ha catturato il suo gesto l’uomo era in preda alla rabbia e alla sensazione di impotenza che è inevitabile provare davanti a un nemico dalle forze così sovrastanti.

La foto fu pubblicata sulla copia dell’Unione Sarda arrivata nelle edicole il 10 luglio 2017. La sua seconda vita è cominciata sui social poco più di quattro anni dopo, quando i roghi del Montiferru hanno provocato nei sardi le stesse sensazioni vissute quattro anni fa da quell’operaio di Villamassargia: rabbia e impotenza.

Ricostruire la catena delle condivisioni, centinaia, è impossibile. Nella pagina Facebook del fotografo iglesiente quella foto è pubblicata insieme a tante altre, scattate non solo in Sardegna ma in giro per il mondo, ed è firmata. Qualcuno deve averla copiata e condivisa, innescando una reazione a catena: nelle copie circolate, manca la parte inferiore dell’immagine originale: quella dove erano scritti, indelebili, nome e cognome dell’autore.

Angelo Cucca l’ha saputo perché qualche amico ha riconosciuto l’immagine e lo ha avvisato: “C’è una tua foto che sta facendo il giro del web”. Qualcuno, in cerca di una gloria effimera e posticcia, l’aveva pure firmata a proprio nome, spacciandosi per testimone oculare. Dai singoli utenti social l’immagine è finita sui gruppi ed è stata ripresa anche da qualche giornale online, e i giornali, a differenza degli utenti qualunque, sono attività a fini di lucro e quindi sono tenuti a retribuire gli autori delle foto che pubblicano. Angelo Cucca si è armato di pazienza e ha contattato tutti quelli che è riuscito a rintracciare, reclamando la titolarità di quella foto. Molti hanno rettificato e precisato, altri si sono fatti vivi per chiedergli l’autorizzazione a condividerla. Un artista ha anche fatto un disegno basato su quella foto: “Mi ha fatto piacere”, confida il fotografo iglesiente. Che però vive una condizione tipica dei professionisti dell’immagine ai tempi dei social: le foto circolano, a volte hanno tantissime condivisioni ma questo successo non si trasforma in un adeguato compenso per chi le ha realizzate.

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