L e morti e i dispersi di Cutro non fanno più notizia, l’argomento non è più all’ordine del giorno e il ministro dell’Interno, del quale erano stata chieste a gran voce le dimissioni, è scomparso dalla scena. Ma il dramma di quel naufragio sulle coste calabresi permane in tutta la sua gravità. Per questo, un gruppo di avvocati calabresi ha deciso di non fare cadere nell’oblio la tragedia e si è offerto di assistere, gratis, i familiari del naufragio. Secondo i legali quella sciagura si poteva evitare e hanno presentato un’articolata memoria alla Procura di Crotone.

R ichiamando le raccomandazioni dell’Alto Commissariato per i diritti umani del Consiglio di Europa del 2019, secondo cui “le imbarcazioni che trasportano rifugiati e migranti dovrebbero essere considerate in pericolo dal momento stesso in cui cominciano il loro viaggio, perché sono invariabilmente sovraffollate e inadatte a lunghi viaggi”, i legali hanno contestato le dichiarazioni del ministro Piantedosi per il quale nessuno aveva segnalato la situazione di pericolo. D’altra parte, è notorio che quelle coste, negli ultimi dieci anni, siano state teatro di innumerevoli sbarchi.

A ben vedere, nel riferire in Parlamento, il capo del Viminale ha ignorato il punto di vista dell’Alto Commissariato europeo. E poi “la nave non era soccorribile perché il mare era forte”, sempre Piantedosi. Eppure, la vita umana deve essere salvaguardata sempre, a costo dell’impossibile, anche affrontando il mare in tempesta e mettendo in campo ogni mezzo. Senza tentennamenti. A Cutro sono morti ottantotto migranti, molti sono ancora dispersi, tra cui parecchi bambini. Pare che nel barcone fossero in 180. Alcuni superstiti hanno dichiarato ai magistrati che quando sono arrivati a riva, sfiniti, non hanno trovato nessuno ad accoglierli.

Nelle reazioni successive alla tragedia, alcuni politici hanno rilasciato dichiarazioni contro l’immigrazione irregolare. Poche le parole che richiamassero al senso di umanità, nessuna sulla dignità spesso violata.

Nel 1996, Papa Woytila, che aveva conosciuto la durezza di un regime totalitario, scrisse: “La condizione di irregolarità legale non consente sconti sulla dignità del migrante, il quale è dotato di diritti inalienabili, che non possono essere violati né ignorati”.

Infine, la risposta alla tragedia: un decreto-legge del Governo che inasprirebbe le pene per il traffico di esseri umani, con la perseguibilità anche quando il reato è commesso fuori dal territorio dello Stato italiano. Come ha ricordato Giovanni Salvi, ex Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, «la giurisdizione contro i trafficanti di migranti è stata in passato esercitata sulla base delle norme esistenti» e, d’altra parte, «aumentare le pene serve davvero a poco, se quelle pur severe esistenti non possono essere applicate nei confronti degli organizzatori del traffico». La critica dell’alto magistrato va oltre. Sostiene Salvi che «spesso le azioni volte a trarre in salvo i naufraghi permettono di raccogliere informazioni sui criminali». Quindi, se ne ricava che il decreto non introduce nulla di nuovo; assistere i migranti-naufraghi risponde a un dovere di umanità e favorisce anche l’individuazione, la cattura e, sperabilmente, la condanna dei trafficanti di vite umane.

Ecco perché le risposte del ministro in ordine al ritardo e alla mancanza di soccorso non appaiono convincenti, così come rischia di manifestarsi del tutto inutile il decreto-legge messo frettolosamente in campo dal Governo. A bocce ferme, pare indispensabile che riparta il dialogo tra maggioranza e opposizione, per salvare la dignità di noi occidentali che di sponiamo di un passaporto e non siamo costretti a scappare dal nostro Paese. Ma anche per dare una risposta alla disperazione di quel bambino, il quale, come canta Maldestro, non sentendosi uno “sporco clandestino”, implora il capitano di non toccare la propria madre strattonata dal momento dello sbarco.

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