M a era davvero necessario “smontare” il Cagliari che va, che mette paura alla Juve, e cercare ambiziosamente di aggredire la Lazio accorciando la coperta in difesa? A Roma, contro una Lazio costruita per la Champions ma in confusione e sommersa dai fischi, l’impresa era possibile? Il giorno dopo, si usa dire dalle nostre parti, sono tutti allenatori. E Ranieri, di questa pregiata categoria, è il decano, l’uomo di maggiore esperienza e fra i più titolati. Sabato sera ha scommesso (niente paura, parliamo di calcio) sul Cagliari aggressivo, sul prendere “alta” la squadra di Sarri lasciando però scoperta – spesso tre contro tre – la non ineccepibile difesa cagliaritana. Nei primi venticinque minuti i rossoblù le hanno prese sonoramente (Var o non Var, la Lazio ha segnato un gol e costruito un paio di occasioni), dall’altra i rossoblù sono andati in porta con un colpo di testa di Lapadula, sbilenco.

La partita sembrava finita, ma con una squadra più ordinata e chiusa, paradossalmente in dieci, la gara poteva riaprirsi nel finale. Due sfide, insomma, con un’amarezza di fondo che resta: Hatzidiakos si è rivelato impresentabile, Lapadula è indietro, Petagna ha un raggio d’azione che non cresce, Makoumbou paga per un “reato” non commesso, come hanno sottolineato un paio di arbitri nei loro profili social. La squadra è viva, però, e questo è un segnale da non sottovalutare.

Cagliari a tre o a quattro, resta quel golletto di differenza che significa zero punti in classifica.

Una classifica che, come hanno sottolineato diversi osservatori “neutrali” ma di fede laziale, non rispecchia il valore della squadra di Ranieri. L’allenatore, nella sua città, voleva il blitz e per questo aveva studiato un altro tipo di partita, ma non sempre tutto funziona come hai progettato, soprattutto nel calcio. Anche nelle scelte arbitrali, o dei secondi arbitri come si usa ora. Il fallo di Makoumbou è stato reputato dagli assistenti e non dall’arbitro come un’infrazione da Dogso, in italiano “negare la segnatura di una rete”. Le regole sono queste: la distanza tra il punto in cui è stata commessa l’infrazione e la porta deve essere ravvicinata (insomma), la direzione dell’azione deve essere verso la porta (sì), la probabilità di mantenere il controllo del pallone deve essere molto alta (non ci siamo), la posizione e il numero dei difendenti deve essere favorevole all’attaccante (non ci siamo). Questo è un errore che ha cambiato la partita, come il rigore visto solo in tv a Salerno. La difesa ha ballato sul gol e sulla punizione poi calciata da Luis Alberto, ma il Cagliari – a tre o a quattro – è stato danneggiato.

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