L o spirito del tempo, traduzione del termine tedesco “zeitgeist” coniato nel tardo Ottocento, è rimasto in voga per indicare quei momenti di aggregazione di problematiche che influenzano la postura socioculturale degli avvenimenti di un certo periodo. Le cose più rilevanti che accadono in questa temperie sembrano coagularsi in misteriose correlazioni. Generalizzando arbitrariamente si potrebbe speculare che una certa statistica di molteplici avvenimenti che in qualche cosa si richiamano gli uni con gli altri, si sviluppi sugli eterni assi cartesiani dei generi, solo per brevità, maschile e femminile.

S enza entrare in argomenti atrocemente attuali di questa diatriba che è stata per l’ennesima volta dibattuta ai livelli più elevati, vorrei prendere una strada diversa dove ancora questo dibattito è stranamente allo stato larvale: si tratta dei problemi legati all’uso dell’intelligenza artificiale (IA). Esiste una dialettica entro l’IA che richiami ai temi di un paternalismo al silicio neanche troppo larvato? In che modo, se si ravvisasse un tale vulnus, questo si manifesterebbe? Sempre se questa impostazione fosse valida, si potrebbe ravvisare un cripto-maschilismo nei “tuples” (parte rigida degli algoritmi) o nella programmazione dei compiti della IA?. Beh!...a guardar bene qualcosa c’è. A parte il fatto che i CEO di tutte le più importanti compagnie di IA sono tutti maschi ed a parte il ruolo femminile degli (delle!) assistenti vocali Alexa, Siri etc. che sono ormai le nostre cameriere al silicio e che si beccano anche improperi da bettola, esistono problemi più sottili su cui meditare. Ad esempio, gli algoritmi che costituiscono il sistema nervoso dell’IA sono programmati in chiave di ottimizzazione e, in certe architetture di reti, hanno una ricompensa nel progresso di ottimizzazione. Qui si pone già un problema che è poi la chiave del pericolo insito nell’uso del’IA : ottimizzazione senza se e senza ma? Supponiamo che una futura ambulanza dotata di guida ad IA riceva il comando di trasportare un paziente molto serio “nel più breve tempo possibile”. Cosa ci si aspetta da algoritmi di ottimizzazione: che lo faccia a tutti i costi, perbacco, bruciando tutti i semafori e mettendo sotto pedoni sulle strisce e facendo sorpassi a velocità folle. Programma rispettato. Questo problema non è del tutto astratto , poiché è stato realmente sollevato da alcuni padrini della IA, ad esempio da Stuart Russell.

Come se ne potrebbe venir fuori? Forse si potrebbe rendere meno testosteronico l’algoritmo inserendo, è sempre Russell che parla, dei limiti che esso algoritmo riconoscerebbe come razionali ad un suo switch off (spegnimento). Si tratterebbe quindi di aspetti di “ingentilimento” della determinazione feroce della primitiva ottimizzazione. Eventualmente questi programmi di autolimitazione potrebbero applicare nuove basi per riprendere il percorso con nuove soluzioni e strategie. Se ravvisate qualcosa di femminile nelle correzioni proposte dal dottor Russell non ci posso fare nulla. Ma forse questa IA è “cosa nostra”, potrebbe pensare il maschio alfa. In fondo dove si vedono donne in questa materia? Le volte che sono uscite allo scoperto si è, del tutto involontariamente, per carità, oscurato il loro ruolo, come nei programmi NASA degli anni ’70, oppure si è preferito in qualche caso che le donne fossero più utili ai nostri fini in altri ruoli come nel caso dell’ingegner Hedwig Kiesler che mise le basi della cosiddetta “spread spectrum communication” grazie al perfezionamento della quale abbiamo i cellulari.

Dimenticavo. Il ruolo nella quale si pensò che la Kiesler fosse più dotata fu quello di sfruttarla a Hollywood come Hed y Lamarr. Purtroppo la povera Hedwig Eva Maria era una delle donne più belle del mondo e la sua messa in circolazione come ingegnere non avrebbe reso un centesimo.

Neurologo

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