I n realtà stiamo diventando tutti più religiosi venerando un’entità superiore definita, esprimendo a ogni passo la nostra fede non scalfibile, vivendo e comportandoci secondo i precetti della nuova religione: la Rete. Non importa se, restituendo sostanza ai nomi, “rete” rimanda a concetti non propriamente positivi: ne siamo stati catturati, siamo pesci all’interno di un’infrastruttura di incroci e nodi.

U n’infrastruttura che ha assunto una centralità mistica e un’importanza che diventa spirituale e soprannaturale. “Abbiamo fede in te,” dichiariamo a ogni click, a ogni nostra spoliazione, a ogni quotidiana rinuncia di libertà in favore di comodità. Abbiamo dato in appalto la nostra identità, i nostri profili, i nostri ricordi, la nostra salute, i nostri soldi e i nostri pagamenti, persino i nostri progetti futuri a una divinità che non ha neanche il buon gusto di essere a nostra immagine e somiglianza, ma che ciecamente prescinde dal singolo, ridotto a sinapsi ininfluente, manipolabile, bypassabile.

Ah, che bei tempi quando Pierre Lévy parlava di “intelligenza collettiva”, di fiorenti aggregazioni di scopo sviluppabili utilizzando proprio la conformazione della rete, e riannodava – in quella maniera elegante che solo gli utopisti sanno rendere ragionevole – i sogni di Pierre Theilard sul punto Omega, l’apice dell’evoluzione umana, in cui l’umanità raggiunge una coscienza superiore e una maggiore unità, e l’ottimismo di Manuel Castells che affida alla Rete il compito di definire la nuova e meravigliosa organizzazione sociale. Efficienza, flessibilità, e maggiore capacità di cambiamento erano i nuovi dogmi di un panorama orizzontale che superava famiglia, lavoro e comunità (e calpestava privacy e sicurezza) per un obiettivo sovraordinato, un radioso sol dell’avvenir.

Peccato non aver letto Kevin Kelly sulla crescente perdita di controllo dell’uomo (vincono tecnologia, intelligenza artificiale e complessità stratiforme della rete). O Kaplan, Tegmark o Bostrom sui rischi epocali dell’intelligenza artificiale. Oppure, di contro, Raymond Kurzweil e i suoi milioni di discepoli che auspicano il transumanesimo, ovvero l’uso spinto della tecnologia per superare i limiti fisici e mentali dell’essere umano.

Ci saremmo accorti per tempo di una realtà oggi indiscutibile: la Rete non è orizzontale, paritaria, democratica, ma invece tremendamente verticale, verticistica, castale nella sua visione e neofeudale nelle sue azioni. Il potere è informazione, conoscenza, e quel che sta succedendo è un risucchio della somma e delle sintesi di tutte le conoscenze. La nostra privacy personale non è neanche più un tema centrale, una preoccupazione: è il dominio dei nostri metadati che descrive il futuro. Tutti lavoriamo già per un impianto sempre più etereo, inaccessibile, somma di strumenti e competenze che trascendono la capacità del singolo, un sistema che è già in grado di indirizzare e organizzare la vita delle persone senza possibilità di una vera scelta. Chi detiene i dati, anche genetici, della mia salute? Delle mie finanze e del mio patrimonio anche minuto, dei miei consumi e investimenti, della mia e di quanti mi circondano prevedibile vita? Che uso ne fa e ne farà in futuro? Esiste una via democratica di indirizzamento e soprattutto di controllo di tutto ciò? La risposta a quest’ultima domanda è no, perché neanche gli Stati possiedono più gli strumenti per contrastare l’evoluzione in corso, e perché le singole persone hanno ormai a ssunto un atteggiamento fideistico-religioso nei confronti della Rete e concedono ogni giorno una delega in bianco che stride contro qualsiasi anelito alla libertà – mai come in questo momento storico ci siamo spogliati delle prerogative fondanti di società libera e democratica. Pensiamo ai nostri soldi depositati in banca e che possiamo utilizzare solo tramite intermediari di pagamento. In realtà ci troviamo ad avere solo l’annuncio di diritti, il diritto a poter spendere alcuni importi – secondo certe regole che abbiamo sottoscritto – per comprare certe tipologie di beni e non altri, in alcuni Paesi e non altri, sino a un certo importo ma non oltre. E nel frattempo, chi usa i nostri soldi? La Rete sta disegnando una nuova biologia sociale senza il nostro intervento e neppure una consapevolezza. Noi abbiamo fede.

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