A chi segue con attenzione la politica regionale non saranno sfuggite certamente le profonde e pericolose alterazioni che ne hanno stravolto gli assetti dopo la scomparsa ed il dissolvimento di quei partiti che ne avevano costituito storicamente l’ossatura.

Di fatto col passare degli anni si è assistito ad un progressivo decadimento ed alla continua parcellizzazione delle rappresentanze politiche, in indifferenza di schieramento e, purtroppo, anche in costanza di impreparazione e di incompetenza nella gestione della cosa pubblica.

S e infatti con le elezioni regionali del 1989 era andato a sole tre liste – Dc, Pci e Psi – quasi il 75 per cento dei voti del milione e passa di votanti (l’84,6 per cento), in quest’ultima consultazione per raggiungere la stessa percentuale ci sono volute 18 liste, registrando però un numero inferiore di votanti, 790mila, pari al 53,74 per cento. Andrebbe ancora aggiunto che solo cinque liste riguardavano partiti organizzati come tali, mentre quasi due terzi dei voti era andato a listerelle cosiddette “di appoggio”, più o meno personali.

Non vi è dubbio quindi che si è di fronte ad uno stravolgimento che, per molti aspetti, ha determinato un forte scompiglio nella geografia politica, nel senso che ne ha inquinato il ruolo per via della disomogeneità dei tanti centri di guida e di indirizzo. Mi spiego meglio: nella “prima” Regione erano proprio quei partiti ad essere determinanti, con le loro segreterie ed il loro radicamento organizzativo nel territorio, nel dettare e nel guidare un percorso politico a cui s’omologavano, a cascata, le diverse amministrazioni comunali da loro espresse, e che riguardavano, pressappoco, i tre quarti circa del totale regionale di 377. Oggi non è più così. In oltre la metà dei Comuni sardi i sindaci sono dei liberi battitori, nel senso che non sono né espressi né legati ad alcun partito, ma rappresentano dei raggruppamenti locali, spesso molto eterogenei od ambidestri politicamente. La loro è una funzione lodevole di supplenza al dissolvimento dei partiti, in quanto, nel tutelare gli interessi e le esigenze delle proprie comunità, esprimono la supremazia delle politiche municipali su quelle regionali e nazionali.

Il risultato lo si percepisce chiaramente osservando nei notiziari tv quante sciarpe tricolori guidano ora le manifestazioni popolari indette pro o contro qualcosa. Sono infatti quei sindaci ad avere sostituito le segreterie dei partiti nell’interpretare e nel sostenere i desiderata dei loro concittadini. Ed è quindi merito loro se nell’Isola è rimasto vivo un confronto politico, se si dibatte ancora sulle idee e non soltanto su come moltiplicare clientele e distribuire “poltrone”. Perché senza il loro impegno non sarebbe maturata, ad esempio, la necessità d’affrontare i guai d’una sanità territoriale piena di falle, o, per altro campo, quella di intervenire nella razionalizzazione d’una rete viaria divenuta obsoleta per tracciati ed affidabilità. A giudizio di molti le palesi insufficienze della Regione come ente di buon governo stanno proprio nelle disfunzioni di una rappresentanza politica che ha scelto come obiettivo quasi esclusivo quello di dover mettere mano, ad ogni elezione, allo “spoils system”, per occupare con i propri adepti un migliaio di “poltrone”, quale bottino della vittoria. Lasciando da parte, irrisolte, le tante, troppe questioni che affliggono l’Isola. Si dovrà proprio a queste palesi disattenzioni degli inquilini dei Palazzi di via Roma e di viale Trento se si sia formato un vero e proprio “partito dei sindaci”, come tutore degli interessi ed interprete de lle attese del popolo sardo.

Di fronte a quest’evidente anomalia, vi sono diversi motivi per valutare come pregiudizievole il fatto che ad una politica regionalmente concepita e diretta, si sia ora sostituito un insieme di diverse decine di politiche municipali, spesso anche antagoniste o sovrapposte fra loro. Per cui bisognerebbe porvi rimedio. Per correggerne le negatività, non andrebbe comunque messa da parte la risorsa rappresentata dal lodevole interventismo dei nostri sindaci, ma che essa debba essere guidata ed armonizzata ad opera della governance regionale. Per renderlo possibile si potrebbe istituire una conferenza Regione-Comuni, sull’esempio di quella Stato-Regioni, in modo da ottenere una positiva e permanente concertazione nell’azione di governo dell’isola. Quel che serve è di ridare alla politica regionale efficacia, completezza ed omogeneità.

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