N ei giorni scorsi l’Istat ha reso noto che l’inflazione sta rendendo ancora più povero chi lo è già. Il carovita è sotto gli occhi di tutti, un fenomeno che deve creare allarme. Quando si parla di inflazione saltano tutti i parametri di compensazione previsti dalla Costituzione e dalle varie leggi ordinarie. Colpisce indiscriminatamente, anzi più pesantemente le classi meno abbienti.

C rescono a dismisura i prezzi dei beni primari, di cui non si può fare a meno: alimentari, riscaldamento della casa, mutui, affitti, carburante e costo dei trasporti. Le famiglie italiane con i redditi più bassi stanno facendo i conti con un’inflazione al 17,5%. A ciò si aggiunga la progressiva erosione, a partire dal 2008 (dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro), del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti: le buste paga “reali” in Italia hanno perso il 12% del potere di acquisto, il dato peggiore fra tutti i paesi del G20. Per non parlare delle situazioni estreme, cioè di coloro che, espulsi a soli cinquant’anni dal mercato del lavoro, vivono all’ombra della società, senza alcuna prospettiva.

Quali sono le conseguenze di questa situazione? In primo luogo, larghe fasce della popolazione, anche disponendo di un reddito stabile, saranno relegate nella “strettoia della spesa”, ossia costrette a rinunciare a diritti primari come l’abitazione e la salute. Se il meccanismo inflattivo appesantisce il pagamento dell’affitto o della rata di mutuo, stai negando il diritto alla dignità abitativa; se il sistema sanitario pubblico non è in grado di erogare prestazioni minime in tempi accettabili, stai costringendo larghe fasce della popolazione a rinunciare alla cura, non potendosi permettere le prestazioni erogate dalla sanità privata.

In secondo luogo, violando il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, i cittadini più poveri sempre più saranno estromessi dal processo partecipativo attivo e quindi decisionale del nostro sistema democratico. La disuguaglianza economica, infatti, è una delle cause principali di distruzione del capitale umano perché costituisce un ostacolo all’acquisizione “di quelle abilità e competenze che oggi vengono richieste, anche per effetto della globalizzazione”. L’accesso all’istruzione specializzata sarà sempre più negato ai poveri, unitamente alla possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale e comunitaria. Quanto più si nega l’accesso alla formazione e ai saperi, tanto più si consolida una sacca esplosiva che esprimerà rabbia crescente e disgusto nei confronti della politica e della democrazia rappresentativa.

In questo contesto di forte aumento dei prezzi, la conseguente disuguaglianza economica interpella la coscienza di tutti e, in particolare, delle classi dirigenti, sia nazionali che locali. La deformazione della rappresentanza e degli interessi, con l’innegabile rottura a danno delle classi sociali più povere, rischia di diventare emergenza sociale e quindi politica.

Non bastano, pertanto, effimere e temporanee misure economiche, ma è necessario un piano strutturale nazionale volto alla tenuta dentro il sistema democratico di intere categorie di poveri che progressivamente si stanno abbandonando al loro destino.

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