U na ristretta cerchia di persone ha definito l’elenco dei nuovi componenti di Camera e Senato per la prossima legislatura. In tutti i partiti ha dominato lo sforzo dei vari capi e capetti tendente a garantire la loro permanenza in Parlamento e quella degli amici più stretti, cosa complicata dalla riduzione del numero dei parlamentari. Da tempo in Italia non è consentito agli elettori di scegliere i propri rappresentanti e non si intravede la volontà di superare questo stato di fatto, perché le regole spettano al Parlamento in cui dominano coloro che ne hanno definito la composizione usando le vigenti regole.

P er porre rimedio a questa situazione non è utilizzabile neanche lo strumento del referendum, che una trentina di anni fa venne usato per abbattere il precedente sistema elettorale proporzionale con voto di preferenza. A distanza di diversi decenni dalle campagne elettorali che vedevano una enorme partecipazione di popolo finalizzata a contribuire all’elezione dei candidati dai quali farsi rappresentare in Parlamento, credo che non si trovi più qualcuno che possa sostenere che il nostro sistema democratico sia migliorato a seguito dei referendum elettorali. Sfasciare regole imperfette o non totalmente condivisibili può essere facile, costruire un sistema migliore è cosa enormemente più complicata. L’assenza di buone regole elettorali difficilmente produce o mantiene una buona democrazia. Valutazioni sempre più pesanti vengono fatte sulla nostra legge elettorale, arrivando a definirla la peggior legge elettorale che l’Italia abbia mai avuto. A dire il vero non è così perché ancora peggio è quella denominata Mattarellum, nonostante ci siano ancora molti che la considerano un buon sistema, da cui dover ripartire. Il fatto che negli anni in cui è stato in vigore il Mattarellum non siano emersi i suoi potenziali effetti deleteri per la nostra democrazia, non impedisce di considerarla la peggior legge elettorale che l’Italia abbia avuto, ad eccezione di quella plebiscitaria del 1928 applicata nelle consultazioni ormai lontane del 1929 e del1934.

Diversi leader hanno invitato i Governatori e i sindaci del proprio partito a candidarsi, ottenendo un netto rifiuto da parte di tutti, fatta eccezione per Zingaretti che è alla scadenza del secondo mandato. Le attuali norme prevedono l’ineleggibilità dei sindaci di Comuni sopra i 20.000 abitanti e l’incompatibilità per i presidenti di Regione, che devono essere rimosse con le dimissioni. Ne consegue l’immediato scioglimento dei Consigli comunali e regionali con la convocazione di nuove elezioni. Norme che di fatto impediscono la candidatura di sindaci e governatori.

Fermo restando che il regime delle incompatibilità sia da confermare e forse anche da rafforzare, vi è la necessità di eliminare la conseguenza dello scioglimento dei Consigli e le immediate elezioni. Gli elettori non votano solamente il sindaco o il presidente della Regione ma anche i consiglieri. Sarebbe giusto consentire il completamento del mandato, come avviene nel sistema americano a cui ci siamo ispirati quando è stata introdotta l’elezione diretta dei sindaci. Sarebbe inoltre indispensabile riattribuire agli elettori la facoltà di scegliere la persona da cui farsi rappresentare in Parlamento.

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