P artendo da dati Istat sulla popolazione residente al primo gennaio scorso, il Sole 24 ore ha calcolato che, con il voto ai diciottenni anche per il Senato, il 25 settembre i nuovi giovani votanti saranno circa 3,8 milioni con un’incidenza maggiore nel Meridione. Lo stesso numero di quanti votano per la Camera.

Nonostante l’importante novità, basterebbe dare uno sguardo attento ai programmi dei partiti maggiori per capire che dietro la varietà di proposte si cela la diversa interpretazione dei bisogni dell’elettorato.

U na giustificazione c’è: i tempi ridotti al minimo e l’urgenza di esprimere al meglio le aspettative dei più consolidati bacini elettorali. Particolarmente indicative paiono alcune proposte, riferite su stampa, tribune televisive e piazze delle maggiori città, dai vari segretari di partito. E già questo la dice lunga sulla comunicazione, più adatta a un pubblico adulto, a meno che non si punti in modo massiccio su TikTok, sul quale alcuni sono recentemente sbarcati. Idea goffa e tardiva!

C’è chi parla di stage retribuiti, chi di rafforzare il fondo di garanzia dei mutui per la prima casa o di distribuire un assegno per l’affitto agli studenti o ai lavoratori di età inferiore ai 35 anni, chi vede il futuro dei giovani nell’imprenditoria, chi incalza per un salario minimo di nove euro lordi l’ora, nonostante la perplessità di sindacati e imprese, chi pensa ai voucher come alla miglior soluzione per l’agricoltura e il turismo. Misure di breve e medio periodo. Dietro si intravede l’ideologia dei proponenti. Manca l’imprescindibile riferimento alla scuola (da cui escono i nuovi votanti), la vera falla del sistema Italia, e agli interessi dei ragazzi, esclusi eccellenti dalla politica, appannaggio di consumati uomini di potere, dove anche l’età (adulta) conta.

Il riferimento alla scuola parrebbe fuori luogo se non fosse che se la scuola non prepara debitamente, ciò che i partiti propongono ai maggiori di 18 anni non avrebbe effetto. Non si può pensare a un operaio competente, a un imprenditore o tirocinante senza le necessarie basi culturali e professionali, alla fine di un compiuto percorso di studi. In ogni caso non si può supporre che questi programmi possano attirare davvero quei giovani che si sentono trascurati e vivono ai margini, anche dopo una laurea, e il cui sogno è di andare in Paesi più ospitali di questo, il cui contesto è povero di attrattive e non solo di lavoro. L’idea stessa che li si pensi dentro un universo omogeneo è profondamente sbagliata. Il Nord non è il Sud, e il Sud è ancora e sempre un universo variegato, dove la Sardegna, più di altre regioni, patisce il deficit dei trasporti, ferrovie comprese, che, oltre alla circolazione interna di persone e merci, rende più difficile che altrove il fenomeno del pendolarismo, sempre scarsamente considerato e invece responsabile di tanto abbandono scolastico, ancor di più oggi, quando si parla di consolidare le autonomie.

Così come è sbagliato ritenere che molti giovani, travolti dagli ideali ambientalisti e da tentazioni palingenetiche possano essere fermati sull’uscio di casa da quanti non parlano il loro linguaggio, ne siano anzi così lontani da sbeffeggiarli o sminuire un ideale, dimenticando che senza ideali non si è giovani o che si è giovani proprio per gli ideali che si basano tuttavia su dati reali, a cui paiono molto più attenti proprio perché sulle politiche energetiche, sul digitale e sulle scelte ambientali in primis poggia il loro futuro.

Critica letteraria

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