D al 2018 a oggi il gruppo parlamentare del Movimento Cinque Stelle si è dimezzato, tra espulsioni, abbandoni e scissioni sono oltre 160 i deputati e senatori che hanno lasciato il partito; il governo Draghi è il terzo esecutivo bruciato con i pentastellati al governo in posizione dominante, hanno avuto la premiership due volte e per due volte hanno fallito con Giuseppe Conte che cambiata la funzione non cambia il risultato, visto la manovra kamikaze del Senato.

Draghi subito dopo il voto in Senato si è dimesso, il presidente della Repubblica ha respinto le dimissioni e ha invitato il premier a una “verifica” in Parlamento. E Conte è rimasto con il cerino in mano. Questa è la prassi istituzionale, non quella immaginata da Conte che evidentemente aveva scambiato Draghi per un “poltronista” che avrebbe fatto spallucce e sarebbe andato avanti. Così non è stato e i Cinque Stelle ora sono di fronte allo spettro del voto anticipato e del “tutti a casa” con i risultati delle amministrative che sono stati il preludio di un crac alle elezioni politiche per entrare in un Parlamento che (quanto è beffardo il destino) proprio la demagogia grillina aveva tagliato a 600 componenti. Perfetto contrappasso per i populisti: mancano i voti, i posti sono pochi, decine e decine di parlamentari pentastellati (e non solo) stanno per uscire dal Palazzo e non vi rientreranno mai più. Storia finita. Il problema è che questo fallimento a presa rapida - un partito che ha esaurito la sua funzione come un lampo, in soli dieci anni da prima forza a soggetto in via d’estinzione - impatta sull’Italia in un momento pericoloso della storia contemporanea.

L ’auto-affondamento di Conte rischia di far uscire di scena Mario Draghi, l’unica figura che garantiva il nostro debito sovrano di fronte ai mercati e dava più peso alla diplomazia italiana nel mondo.

In un clima di surreale sospensione dalla realtà, in piena fuga dalla storia, proiettati in un’altra dimensione, in molti dimenticano che viviamo in tempo di guerra, in piena Europa, con una durissima competizione tra l’Occidente e il “resto del mondo”, in un periodo di shock energetico che d’inverno si trasformerà in emergenza europea (ultima copertina dell’Economist: “Il pericolo dell’inverno in Europa”, con un orso che punta a Cappuccetto Rosso che passeggia tra le nevi e le stazioni del gas), un’inflazione galoppante, con il rialzo dei tassi e una politica monetaria delle banche centrali fatalmente non allineata, con l’euro debole e per la prima volta dopo 20 anni in parità con il dollaro.

Non sono fatti remoti, ma la vita di ogni giorno, il pieno alla pompa di benzina, la spesa al supermercato, l’istruzione per i figli, reddito, capitale, lavoro.Senza la guida di Draghi a Palazzo Chigi il nostro fattore di resistenza agli shock crolla, la geopolitica è fatta anche dagli statisti, le persone contano e l’uno vale uno grillino è un’idiozia, nessuno di noi va a farsi operare al cuore dall’idraulico.Questa crisi passerà alla storia come quella innescata per il “termovalorizzatore di Roma" (mentre la Capitale affonda nella monnezza lasciata da decenni di cattiva amministrazione culminata nella disastrosa giunta pentastellata di Virginia Raggi) e in questo pezzo di dadaismo politico c’è la tragica situazione italiana. Per rimettere i cocci al loro posto serve un miracolo politico (costruire una nuova maggioranza) e un grande sacrificio di Draghi, perché le sue dimissioni celano anche tutta la delusione di una figura di primo piano che ha toccato con mano quanto questo Parlamento sia privo di cultura istituzionale, visione del mondo, senso storico e agenda delle cose da fare per non soccombere di fronte alle sfide della contemporaneità.Gli scenari sono tre, vediamo lo stato dell’arte e le probabilità.1) Il governo va avanti così com'è, con una mediazione (via moral suasion del Quirinale) con i Cinque Stelle. È uno scenario di logoramento, ma potrebbe essere considerato il male minore di fronte a una tempesta dei mercati. Grande sacrificio di Draghi. Attenzione: Lega e Forza Italia non sono favorevoli a riprendere la collaborazione con i Cinque Stelle. Probabilità 25%.2) Un governo Draghi bis, ma senza i Cinque Stelle. Altro sacrificio di Draghi che ha sempre detto no a ipotesi di governo con altre maggioranze. Può cambiare idea? Prima c'è il Paese e il pressing internazionale è una realtà. Attenzione: il Pd non è favorevole a un’alleanza senza quel che resta dei Cinque Stelle. Probabilità al 25%.3) Draghi non ci sta a farsi consumare da Conte, considera la sua missione esaurita per mancanza di un patto politico forte, saluta tutti e si traghetta il Paese verso nuove elezioni in autunno. Crac. Probabilità 50%.Come and rà a finire? Lo sapremo mercoledì. Sì, viviamo tempi interessanti. Forse troppo.

Direttore dell’Agi

e fondatore di “List”

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