L a settimana del dolore si lascia alle spalle diversi fotogrammi da dimenticare. O su cui riflettere. Il Cagliari dei grandi che sbatte contro il Venezia, quello dei ragazzi che si divora prima l’Inter e poi la partita, crollando a un centimetro dalla finale per lo scudettino. Finisce la stagione ma ne è già iniziata un’altra, perché quest’anno si deve fare un po’ più in fretta, causa Mondiali autunnali ai quali ci approcceremo con distacco per le note vicende azzurre.

La dolorosa retrocessione della squadra rossoblù e il malessere esploso nell’ambiente hanno messo improvvisamente a fuoco lo scenario, se parliamo di tifo: conta più l’opinione del sostenitore che fa la fila davanti ai negozi del Cagliari e spende 100 euro per vedere la squadra magari perdere a testa alta col Milan, impiegando tre giorni della sua vita e i suoi soldi per andare a Venezia e piangere, oppure chi ripete allo sfinimento slogan melensi contro il Cagliari dall’alto della sua tastiera? Il primo (tifoso) ci ha innegabilmente creduto, il secondo ha seppellito la causa rossoblù dall’arrivo di Mazzarri, più o meno, accompagnando la squadra in discesa ma senza realmente sostenerla. La botta è stata fortissima, lo sppiamo tutti, ma questo ambiente ci è già passato, nella primavera del 2015. Allora aveva saputo reagire, spingendo un’ottima squadra verso il ritorno in Serie A.

Ma non è solo l’ambiente esterno a incidere sul percorso di un gruppo di calciatori, che indossano una maglia diversa dalle altre, quella della nostra “Nazionale”.

La società ha il dovere morale di programmare un’altra impresa, difficile, piena di trappole, quella che dovrà riportare il Cagliari in Serie A. Sono giorni difficili, con il club sotto pressione non solo per il risultato sportivo. La società ha stuzzicato l’interesse di una compagnia che non ha ancora presentato una vera offerta, ma solo una manifestazione d’interesse, ricevendo un “no grazie, non ci interessa” che ha di fatto chiuso la porta a possibili sviluppi. E non sarà l’unica, se parliamo di offerte, perché il Cagliari attrae, piace la sua immagine e la passione che lo sorregge. L’interesse, vero o presunto, verso un club non è mai un attacco, semmai un tentativo di avvicinarsi.

Mentre impazzano i processi ai colpevoli della caduta in B, il tifoso 2, quello della tastiera sempre accesa, si augura ogni tre per due che cambi la proprietà, mentre il tifoso 1 spera che la squadra vinca, diverta e torni dove deve stare, nel campionato più bello d’Italia. Adesso che la settimana del dolore (sportivo) è alle spalle, è il momento di capire dove andare. Il Cagliari affiderà a Stefano Capozucca – uomo della promozione, con balletto finale a Bari – il compito di individuare le facce giuste per la Serie B. Una buona dose di scaramanzia o riconoscimento di innegabili capacità? Lo scopriremo in corsa. Tutti hanno a cuore le vicende della squadra rossoblù, in questo passaggio l’ambiente può dare la spinta giusta. E far sentire quanto è importante.

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