D a qualsiasi prospettiva la si guardi, questa storia della nuova guerra Franco-Italiana sugli sbarchi degli immigrati è una brutta storia. E non perché non possa esserci dissenso, tra Francia e Italia, ma perché ci si è arrivati, come in una commedia all’italiana, per una battuta di troppo. Non per scelta intenzionale quando tutte le altre vie di compromesso erano esaurite, dunque, ma per un commento del vicepremier Matteo Salvini, pronunciato per giunta - come vedremo - dopo che un faticoso accordo era stato raggiunto, con un piccolo successo simbolico dell’Italia.

Di più: come in un singolare effetto deja vú, le diplomazie dei due paesi (ma dietro la Francia c’è l’Europa) rompono i rapporti in un momento delicatissimo per l’Italia, proprio quando siamo a metà del guardo per il PNRR e letteralmente in alto mare per l’accordo sui prezzi del gas (vitale per il nostro Paese). L’ultimo e più grande elemento di rimpianto è che si litiga su una questione che è più ideologica che reale: infatti le grandi polemiche sugli sbarchi sono una replica pallida di quello che accadde tra l’estate del 2017 e quella del 2018, quando la grande ombra dei flussi migratori mise a rischio gli equilibri dell’accoglienza nel nostro Paese.

E cco perché la prima legittima domanda oggi, con numeri e proporzioni totalmente più bassi rispetto al passato, è: come si fa a litigare per una emergenza che tale non è (almeno non ancora?). Occorre dunque riavvolgere il nastro di questa surreale vicenda dall’inizio dell’ultima crisi. Lunedì scorso, a Sharm el-Sheikh, in Egitto, quando per una manciata di minuti Giorgia Meloni aveva incontrato Emmanuel Macron, sembrava che tutto fosse andato per il meglio. Era stato in quel dialogo che il presidente francese aveva stupito tutti con la grande e imprevista apertura: Macron dava la sua disponibilità di massima a fare sbarcare in Francia i profughi soccorsi dalla Ocean Viking. La Meloni teneva segreto questo incontro per 24 ore, per non rischiare di rovinare l’accordo e pregustava un successo diplomatico. Non è un caso, dunque, che la notizia filtri solo da Parigi, ripresa dall’Ansa: “La Francia aprirà il porto di Marsiglia alla Ocean Viking nella notte fra mercoledì e giovedì, dipenderà da quando lascerà il sud del Mediterraneo". La Meloni non commenta, i diplomatici italiani si fregano le mani, i dirigenti di Fratelli d’Italia, con in testa Ignazio La Russa già brindano: “Sarà un trionfo. Abbiamo ottenuto più di tutti gli altri governi”. Vero. Soprattutto sul piano simbolico. Ma poi - inspiegabilmente - salta tutto per aria. E tutto precipita quando il segretario della Lega rilascia una dichiarazione apparentemente spensierata: “La Francia apre il porto? Bene così, l’aria è cambiata". La reazione dei francesi è furibonda: Macron si dice “deluso dalla Meloni”. I francesi parlano di “gravi errori della presidente del Consiglio”. E a nulla serve il comunicato con cui in serata la Meloni prova a rimediare con una nota in cui esprime “sentito apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell'emergenza migratori”. Troppo tardi.

È Salvini ad aver sottovalutato le proprie parole, o Macron che ha preso la palla al balzo? Difficile dirlo con esattezza. Di certo ha un peso enorme, oltralpe, la scena grottesca di Tolone, dove gli immigrati della Oceane Viking sbarcano su un molo arroventato dove, da un lato ci sono i militanti della gauche che urlano contro l’Italia perché ha respinto i profughi del mare, e dall’altro ci sono i lepenisti che urlano contro Macron perché ha accettato la nave. Come la giri la giri, è un pasticcio. Ma la violenza della reazione francese fa esplodere sui social anche le visioni del video con cui la Meloni mostra la ruspa con cui in Francia vengono sgombrati gli immigrati. Ormai è tutti contro tutti. Le uova sono rotte e i cocci non si rimettono insieme. Un accordo chiuso in maniera magistrale diventa invece il teatro di una nuova guerra da cui l’Italia non ha nulla da guadagnare.

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