N essuno si scandalizzi. Il fatto che Ryanair abbia chiesto una nuova dose di incentivi per continuare a volare nell’aeroporto di Alghero rientra nell’ormai noto gioco delle parti: da quando è nata, la compagnia vive anche di contributi e alla scadenza dei contratti con le società di gestione degli scali minaccia di portare altrove i propri Boeing, con la logica dell’uno vale uno applicata al turismo. Bari, Cagliari, Cuneo o Forlì, si va dove tira di più il profitto. Una strategia che nel 2019 ha fruttato circa 260 milioni di euro.

M ilioni raccolti in tutte le città italiane in cui atterrano gli aerei della low cost irlandese, a fronte di 40 milioni di passeggeri trasportati. Una media di 6,5 euro a viaggiatore. Mica male, considerando che poi paghiamo pure il biglietto.

Deve far riflettere semmai la richiesta dello scalo algherese al tessuto economico del territorio: se volete i collegamenti aerei dovete aprire il portafoglio e quotarvi. D’altronde, ha precisato uno dei manager della Sogeaal, a beneficiare di quei voli non è l’aeroporto ma gli imprenditori della zona, a cui dunque è normale chiedere un contributo. Ora, in un mondo in cui non si fa nulla senza un tornaconto, è lecito aspettarsi anche questo. Però mette in allarme la precisazione fatta dallo stesso manager: «La società di gestione dello scalo è solo un anello, che ha scarsa marginalità di guadagno da quei voli». Quindi: negozi, ristoranti e alberghi facciano la propria parte se vogliono un tabellone più ricco per la stagione turistica. Un po’ come quegli annunci che promettono un posto di lavoro solo a chi è in grado di pagare il corso di formazione. Ma se la società che gestisce l’aeroporto è sul serio «solo un anello» (viene naturale chiedersi a quale naso sia attaccato), che unisce Ryanair al territorio, allora è giusto preoccuparsi.

Soprattutto perché il fondo d’investimento che controlla gli scali di Alghero e Olbia, cioè F2i, ora punta dritto su Cagliari. Il motivo, dicono, è semplice: con tre aeroporti uniti sotto lo stesso management la forza contrattuale che si ha di fronte alle compagnie aeree è superiore rispetto a quella di un solo scalo. Ma se poi si deve fare una colletta tra gli imprenditori di tutta la Sardegna per convincere questa o quella low cost a potenziare le rotte, resta qualche dubbio sui vantaggi dell’operazione di fusione per l’Isola.

E se domani dovesse arrivare (magari!) un nuovo gestore al Porto canale di Cagliari, attualmente semideserto? Seguendo lo stesso ragionamento potrebbe chiedere un contributo - per attirare le compagnie marittime - alle aziende della zona o addirittura ai lavoratori portuali, che grazie alla ripresa del traffico avrebbero una prospettiva di stipendio.

Qualche giorno fa Umberto Borlotti, che dell’aeroporto algherese è stato direttore generale negli anni del boom, in queste pagine aveva anticipato la mossa di Sogeaal, guardando a un possibile futuro. «Se un fondo d’investimento dovesse prendesse il controllo degli aeroporti, spero che i soldi per sviluppare il traffico siano suoi, non della Regione». La realtà dimostra che a pensar male spesso ci si azzecca.

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