P er quanto possa sembrare incredibile la storia più grave della settimana politica che abbiamo appena vissuto è questa: il professor Domenico De Masi dice, che Beppe Grillo gli dice, che Mario Draghi gli dice: “Perché non lo cacci, Conte?”. Fantastico.

Potrebbe essere un titolo da commedia all’Italiana, ovviamente, uno di quelli che piacevano tanto a Lina Wertmuller, e invece è lo spartito di una possibile crisi di governo di cui domani (forse) vedremo finalmente l’epilogo: o una sanguinosa guerra fratricida (per la gioia di Giorgia Meloni), o il classico finale a tarallucci e vino. Il fatto è che non si tratta di un gioco del telefono a Palazzo Chigi, ma di una catena di rivelazioni tutte assai verosimili e potenzialmente venefiche per la maggioranza. Ed é questo - dunque - il vero motivo per cui anche l’apparente registro della commedia all’italiana, diventa una trama che fa tremare il governo.

Tutti sanno - ad esempio - che il M5s ha appena subito una scissione “draghiana”. E tutti ricordano che le prime parole di Luigi Di Maio quando è uscito dal suo gruppo con sessanta parlamentari sono state: “Il movimento non è più il primo partito del parlamento”. Tutti capiscono che Conte avverte in queste ore un incessante lavoro ai fianchi sul suo partito, messo in opera da parte del leader del governo che lui dovrebbe sostenere: un paradosso che riaccende la sempiterna leggenda dei complotti e dei veleni di Palazzo.

P oi bisogna anche aggiungere che Draghi - forse volontariamente - non ha fatto nulla per disinnescare il sospetto nella testa del suo principale alleato in Parlamento: il giorno in cui è uscita l’intervista del professor De Masi prima non ha detto nulla, poi - a metà pomeriggio - si è limitato a frasi di circostanza (“Chiariremo tutto”), e infine, a sera ha dovuto smentire con una nota ufficiosa dopo aver precipitosamente abbandonato il vertice Nato.

Però non bisogna immaginare che i nostri politici e i nostri governanti siano così sprovveduti, umorali e collerici come ci appaiono: Draghi sa che a settembre, conquistato il diritto al vitalizio per deputati e senatori, tutto il parlamento sarà preda dei furori più barbarici e del "tana liberi tutti”. Teme che il M5S in quel clima mediti di staccare la spina, prova a giocare di anticipo facendo di tutto per disinnescare le armi di Conte. E il dilemma è uguale e speculare per l’avvocato: ha appena sopportato un salasso di parlamentari che si sono distinti da lui per essere dichiaratamente fedeli al premier: la tentazione di differenziarsi, e colpire entrambi uscendo dalla maggioranza è enorme.

Ed infine Grillo: tutti hanno capito che il suo disprezzo per Conte è plateale: anche per questo nessuno ha creduto per un solo minuto alla sua debolissima smentita (“Voi giornalisti esagerate sempre”). L’unico a cui non si può non credere è il professor De Masi, quando racconta di aver gridato all’ex comico: “Sei pazzo? Tu non puoi consentire che il presidente del Consiglio ti chieda di cacciare il leader del tuo partito!”. Per paradosso: se anche Grillo si fosse inventato tutto, per farsi bello di fronte al professore e ai suoi parlamentari (“Ho difeso Conte con Draghi”) tutti hanno capito che il cuore del problema che il farsesco gioco del telefono ha svelato, è vero e drammatico: solo in questa settimana il governo, che é a caccia di risorse per tamponare gli effetti della crisi economica e dell’inflazione, ha picconato tre provvedimenti che per il M5S di oggi solo diventati una bandiera: il bonus 110%, il reddito di cittadinanza, lo ius scholae (ovvero la cittadinanza per gli italiani di seconda generazione) e ne ha sostenuto un altro (l’inceneritore del Lazio) che oggi è come un dito nell’occhio dei pentastellati. Il che si aggiunge alla svalutazione, all’esplosione della benzina e delle bollette, che colpiscono duramente i ceti più poveri che continuano ad essere fedeli al M5s (soprattutto al sud), e sono le prime vittime della crisi.

Ecco perchélo scandalo farsesco e la crisi che nessuno vuole portare fino in fondo, guastano in ogni caso il clima della maggioranza: fanno l’effetto di un cerino accesso buttato in una cisterna di acetilene.

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