Secondo il bilancio diffuso dall’Organizzazione mondiale della Sanità e aggiornato al 21 aprile, nel mondo sono 17 i bambini dei 169 colpiti da epatite acuta di origine sconosciuta che sono stati sottoposti a trapianto di fegato. Ed è stato segnalato anche un morto. I casi registrati in 17 diversi Stati riguardano minori di età compresa tra un mese e 16 anni.

LA PREVENZIONE – Il portale Medical Facts, lanciato dal virologo Roberto Burioni e oggi sotto la direzione scientifica di Renata Gili, spiega che la causa potrebbe anche essere un nuovo virus, anche se per ora non esistono certezze. Di sicuro invece non esiste un legame col vaccino anti-Covid. Restano fondamentali, viene sottolineato, le misure di prevenzione tra le quali “l’accurata igiene delle mani e respiratoria”.

“Per ognuno di noi – si legge ancora sul portale -, non c'è nulla da fare se non mantenere la calma, non preoccuparsi e utilizzare le misure preventive che già conosciamo e che riducono il rischio di trasmissione di molte infezioni virali, come un'accurata igiene delle mani e respiratoria”.

I SINTOMI - Molti casi hanno riportato sintomi gastrointestinali inclusi dolore addominale, diarrea e vomito. “La maggior parte – sottolinea l’Oms – non aveva la febbre. I virus comuni che causano l'epatite virale acuta (virus dell'epatite A, B, C, D ed E) non sono stati rilevati in nessuno di questi casi. I viaggi internazionali o i collegamenti ad altri Paesi sulla base delle informazioni attualmente disponibili non sono stati identificati come fattori".

"Il Regno Unito, dove fino ad oggi è stata segnalata la maggior parte dei casi, ha recentemente osservato un aumento significativo delle infezioni da adenovirus nella comunità (in particolare rilevate nei campioni fecali nei bambini) a seguito di bassi livelli di circolazione all'inizio della pandemia di Covid-19. I Paesi Bassi hanno anche riferito di una concomitante crescente circolazione di adenovirus nella comunità. Tuttavia, a causa del miglioramento dei test di laboratorio per l'adenovirus, questo potrebbe rappresentare l'identificazione di un raro esito esistente che si verifica a livelli non rilevati in precedenza che ora viene riconosciuto a causa dell'aumento dei test”, conclude l'Organizzazione mondiale della Sanità.

(Unioneonline/s.s.)

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