“Era il mio angelo. Perché me lo hanno ucciso?”. Non riesce a darsi pace Rosaria, l'anziana madre di Massimo Melis, assassinato a Torino con un colpo di pistola alla tempia la notte dì Halloween. A confortarla, con la figlia che abita fuori città ma che in questi giorni si è trasferita nell'alloggio al secondo piano delle case popolari di via Desana, c'è anche don Nicholas, parroco della chiesa Maria Speranza Nostra.

"Chiediamo di essere lasciati soli nel nostro dolore. Ci sentiamo soffocare", dicono, unendosi idealmente alla richiesta di riservatezza dell'amica Patrizia, l'ultima ad averlo visto in vita. "Massimo era stupendo, troverò chi l'ha ucciso. Lo stalker? Non esiste...", dice escludendo l'ipotesi degli ultimi giorni che la vittima la proteggesse da una uomo che con il suo comportamento la stava angosciando.

Resta dunque un giallo l'omicidio del 52enne operatore della Croce Verde di origini sarde trovato cadavere nella sua Fiat Punto Blu parcheggiata in via Gottardo. E spunta anche l’ipotesi di un regolamento di conti e dello scambio di persona.

I FATTI – Domenica 31 ottobre, la sera di Halloween, Patrizia Cataldo, quarantenne torinese che fra i palazzoni di Barriera, antico quartiere della Torino proletaria, gestisce con il padre il bar Gottardo, chiede a Melis se può accompagnarla a fare la spesa. I due in passato avevano avuto una relazione e pare “ci fosse stato un riavvicinamento”, spiegano gli investigatori seppur Patrizia abbia precisato come Melis fosse solo “un grande amico”.

Massimo aiuta Patrizia con le borse fino alla porta di casa, al secondo piano di un grande condominio dove lei abita da sola e dove, fra l’altro, quella sera rientra per caso perché si era trasferita a casa dei genitori per qualche giorno per via di un problema di salute della madre.

Massimo saluta Patrizia e se ne va, scende per riprendere la sua Punto blu e tornare a casa, qualche isolato più in là dove vive con la madre. Sono circa le 20.30. La macchina si trova in un angolo buio del piazzale alberato sul quale affacciano le finestre di Patrizia. Melis apre la portiera, sale, si accende una sigaretta. E a quel punto, prima ancora di mettere la cintura di sicurezza e infilare la chiave nel quadro, qualcuno apre la portiera, gli punta una calibro 38 alla testa e preme il grilletto da una decina di centimetri. Un solo colpo, mortale, sparato a bruciapelo.

“La morte è da far risalire più o meno alle ore 21 di domenica", chiarisce il medico legale.

Nessuno vede o sente nulla, e il cadavere di Massimo verrà trovato il giorno dopo proprio da Patrizia, allertata dalla mamma di Massimo angosciata per non averlo visto rientrare a casa. Nella zona non ci sono nemmeno telecamere.

LE INDAGINI – I sospetti cadono allora su un uomo di 62 anni che da qualche tempo corteggia Patrizia, un pregiudicato per reati commessi parecchi anni fa. Patrizia ne aveva parlato con Massimo ma si è affrettata a precisare come non fosse uno stalker, semmai un corteggiatore “di certo non ricambiato”.

Al momento, dunque, non c’è alcun nome nel registro degli indagati, e il fascicolo è contro ignoti per omicidio volontario. Da escludere la pista della tentata rapina finita in tragedia, perché portafoglio e telefonino di Melis sono stati lasciati in auto. Esclusa anche l’ipotesi droga o spacciatori.

La polizia scientifica sta dunque analizzando i telefonini, tabulati, celle. Si scava anche nella vita privata di Melis, il lavoro, eventuali crediti, ma tutto pare insignificante.

Nelle scorse ore gli investigatori sono tornati al bar in cui Patrizia lavora per un altro sopralluogo. Il locale non ha ancora riaperto, mentre la donna e la sua famiglia si sono chiusi in casa e chiedono di "essere lasciati in pace". Le indagini condotte dagli investigatori della Squadra mobile, guidata da Luigi Mitola e coordinati dal pm Chiara Canepa vanno avanti senza che nulla venga lasciato al caso. 

(Unioneonline/v.l.)

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