Shabbar Abbas, padre della 18enne pakistana Saman, ha deciso di partecipare in video-collegamento al processo per l’omicidio della figlia. Il via libera è arrivato questa mattina dal Pakistan, dove l’uomo è detenuto in attesa dell’estradizione chiesta dall’Italia il giorno successivo al suo arresto avvenuto a metà novembre nella regione del Punjab.

Rinvio dopo rinvio, la richiesta dei giudici italiani non ha avuto al momento nessun riscontro, mentre il giudice di Islamabad ha negato la scarcerazione su cauzione sollecitata dal legale dell’uomo.

Shabbar dunque resta in cella e, dopo un iniziale rifiuto, ora ha anche acconsentito a partecipare al processo iniziato a metà febbraio davanti alla Corte d’assise di Reggio Emilia. Una decisione che potrebbe far cambiare rotta al procedimento.

Saman Abbas è scomparsa nella notte fra il 30 aprile e l'1 maggio 2021 e il suo corpo è stato ritrovato sepolto in un casolare nelle campagne di Novellara (nella Bassa reggiana), non lontano da dove la 18enne abitava con la famiglia. Alla sbarra per l'omicidio, il sequestro di persona e la soppressione del cadavere ci sono i due genitori (la madre Nazia è ancora latitante in Pakistan), i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq e lo zio Danish Hasnain (questi ultimi tre tutti in carcere in Italia.

Secondo l'accusa i familiari, in concorso tra loro, l'avrebbero uccisa perché Saman si era opposta a un matrimonio forzato con un cugino in patria e aveva assunto atteggiamenti troppo occidentalizzati.

Nella prossima udienza a Islamabad, fissata per l'11 aprile, le autorità pakistane dovranno dunque discutere di questo video-collegamento e sulla fattibilità tecnica, per poi dare il via libera. La prossima udienza del dibattimento a Reggio Emilia è prevista per il 14 aprile.

Nella scorsa udienza, venerdì, la posizione di Shabbar era stata separata dagli altri imputati, proprio in attesa di un suo eventuale video-collegamento. Poco dopo in aula è risuonata la voce di Saman, contenuta in alcuni messaggi vocali fatti ascoltare attraverso gli altoparlanti: «Sono tornata a casa, ti spiegherò tutto ma ora non posso parlare, mi sorvegliano sempre», diceva all'educatrice della comunità di Bologna, in cui era fuggita dopo l'allontanamento dai genitori, poche ore prima di morire. 

(Unioneonline/L)

© Riproduzione riservata