«Cercano me, è finita». Matteo Messina Denaro poco prima di essere arrestato aveva capito tutto: vedendo avvicinarsi i carabinieri ha abbracciato il suo autista e ha detto queste parole. Al militare del Ros che gli ha chiesto come si chiamasse ha detto subito il suo nome.

Lo ha raccontato al gip Giovanni Luppino, ufficialmente imprenditore agricolo in realtà fedelissimo del boss per cui è stato disposto il carcere con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.

Luppino ha detto di non sapere che quell’uomo fosse Matteo Messina Denaro: «L’ho conosciuto mesi fa con il nome di Francesco, me lo ha presentato Andrea Bonafede (l’uomo che ha prestato l’identità al boss) e per mesi non l’ho visto. Poi è venuto domenica sera a dirmi di portarlo alla casa di cura e io l’ho fatto. Solo quando ci hanno fermato i carabinieri sono venuto a conoscenza della sua identità».

Bugie per i pm, che peraltro gli hanno trovato addosso due cellulari in modalità aerea, un coltello a serramanico e alcuni documenti. Fandonie anche secondo il gip che, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcerei scrive: «La versione dei fatti fornita dall'indagato è macroscopicamente inveritiera, non essendo credibile che qualcuno, senza preavviso, si presenti alle cinque del mattino a casa di uno sconosciuto per chiedergli la cortesia di accompagnarlo in ospedale per delle visite programmate, in assenza di una situazione di necessità e urgenza. Ma al di là di ogni considerazione logica, sono le risultanze investigative a fornire il dato decisivo, nella misura in cui il possesso del coltello e dei due cellulari - entrambi tenuti spenti ed in modalità aereo - suggeriscono che Luppino fosse talmente consapevole dell'identità del Messina Denaro da camminare armato e ricorrere ad un contegno di massima sicurezza per evitare possibili tracciamenti telefonici».

Il quadro di Joker nel covo del boss (Ansa)
Il quadro di Joker nel covo del boss (Ansa)
Il quadro di Joker nel covo del boss (Ansa)

Proseguono intanto le perquisizioni a tappeto a Campobello di Mazara, paese in cui sono stati trovati due covi e un bunker usato dal capomafia per nascondere documenti e oggetti di valore.

Nell’ultimo covo usato dal boss trovate anche carte al vaglio dei pm, post it con nomi e cifre. Oltre al quadro con l’immagine di Marlon Brando nei panni di don Vito Corleone, c’era anche un quadro a colori di Joker nella versione interpretata da Joaquin Phoenix. Sotto, un altro quadretto con una scritta: «C’è sempre una via d’uscita, ma se non la trovi sfonda tutto».

Ieri il boss è stato sottoposto in carcere alla prima seduta di chemio dopo la cattura. «L'allestimento dell'ambulatorio costituisce un modello virtuoso perché permette di evitare rischi e consente un ingente risparmio di risorse. Inoltre non è stato distolto nulla dall'assistenza normale», spiegano fonti sanitarie della Asl dell'Aquila.

(Unioneonline/L)

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