«La mia non sarà più vita: meglio farla finita prima che questo avvenga». Marco Madeddu, 45 anni, da quasi due in lotta contro la Sla, è in Svizzera per portare a termine quello che, con l’avanzata della malattia, è diventata per lui un’opzione da portare a compimento: ha scelto il percorso del fine vita. Decisione drammatica che potrebbe concretizzarsi già questa mattina.

Il viaggio

È da lunedì a Zurigo, in una clinica specializzata, perché da mesi, seguendo una prassi burocratica che per ovvi motivi è molto dettagliata e scrupolosa, non ha intravisto altra via d’uscita che quella del suicidio assistito. Marco vuole morire. Da tempo non ne fa più mistero. E avrebbe voluto farlo in Italia, se non fosse che il referendum sull’eutanasia è stato bloccato un mese fa dalla Consulta. Ha pianificato allora all’estero la procedura del fine vita anche se a lungo i familiari e i tanti amici (alcuni sono con lui da lunedì a Zurigo) anche ieri al telefono hanno cercato di dissuaderlo e di convincerlo che può combattere ancora. Ma Marco, mantenendo sempre un profilo sereno nonostante la tragicità della decisione maturata, non è più di questa convinzione già da tempo. Così due mattina fa è salito su un areo per Zurigo. «Ammiro chi lotta – ha confessato prima di partire dopo aver ricevuto un attestato speciale anche dal Carbonia calcio per le sue 300 trasferte da super tifoso biancoblù – ma non si lotta più nella consapevolezza di perdere contro una malattia che non ti dà neppure lo 0.1 per cento di possibilità di vincere: perderò la parola e il respiro e l’unico profondo rammarico è che ho deciso di andare a morire in esilio perché in Italia la politica si è impossessata della vita e della morte».

La procedura

Ieri sera in una struttura adiacente alla clinica, Marco Madeddu ha incontrato i medici con i quali era in contatto da mesi e ai quali aveva inviato, come da protocollo, le relazioni psichiche-cliniche. È stata la clinica a dare l’assenso alla procedura fissando anche la data da cui è scaturito il suo trasferimento in Svizzera accompagnato da alcune persone. Ma come da procedura, i medici cercheranno anche stamattina di dissuaderlo, provando a erodere quella che appare essere una granitica fermezza. Esattamente come da mesi stanno cercando di fare i suoi familiari e amici più cari, nell’impresa di cogliere ogni minimo spiraglio in cui insinuarsi per convincerlo ad interrompere il percorso. Sino a pochi giorni fa Marco Madeddu, che ancora non è stato tracheotomizzato per la respirazione ma che presenta già i segni evidenti della Sla, era arroccato su un concetto: «Faccio appello alla possibilità di scelta: questa è una patologia che ho scoperto di avere un anno e mezzo fa, ma non è possibile patire sofferenze indicibili che ledono la dignità delle persone». In questi mesi Marco, molto vicino alla meditazione buddista, ha sperimentato le prime conseguenze della Sla: «Una malattia del chiedere perché si perde totalmente l’indipendenza».

Andrea Scano

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