«Dopo un anno la montagna ha partorito il topolino». Così il sindaco di Sant’Antioco Ignazio Locci sulla misura sperimentale, introdotta su proposta dell’assessora Desirè Manca di concerto con l’assessore Bartolazzi, dei “Buoni Servizi Sanitari”, destinati alle famiglie con difficoltà economiche.

«Sono chiamato quotidianamente a confrontarmi con i problemi sanitari dei miei cittadini che letteralmente non sanno più dove sbattere la testa», spiega il primo cittadino. Il tutto «mentre la maggioranza del governo della Regione Sardegna, il cosiddetto “campo largo”, oggi si riunisce in un vertice con al centro la grana più spinosa, ovvero l’emergenza sanitaria». Parlando dei buoni, «se non fosse che il progetto è vergato nero su bianco ci sarebbe da pensare a uno scherzo. Perché è improponibile dover accettare che ci siamo ridotti ai “buoni medici”, come se fossero buoni pasto, come se il nostro sistema potesse accettare che esiste una categoria di soggetti considerati poveri dal punto di vista di accesso alle cure e che per assicurargliele occorra un “buono” spendibile nel “mercato della sanità” che, nello specifico sarà formato e composto da medici e centri medici che dovranno convenzionarsi con Aspal, Agenzia sarda che dovrebbe invece occuparsi di politiche del lavoro. Anche questa modalità non è uno scherzo, davvero: è scritta nella delibera».

La dotazione finanziaria della misura vanta dieci milioni di euro, soldi che secondo Locci «si sarebbero potuti impiegare per l’abbattimento delle liste di attesa, attraverso molteplici modalità, auspico che questa maggioranza imprima una svolta e si concentri sull’abbattimento delle liste d’attesa, senza offrire palliativi»; conclude il sindaco.

(Unioneonline/v.f.)

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