È durato oltre sei ore il faccia a faccia tra periti e consulenti davanti al Gip del Tribunale, Maria Gabriella Muscas, che punta a far luce sulla morte di Manuel Piredda, il ragazzo deceduto il 17 aprile 2011 nell'incendio che aveva devastato la sua casa e sfigurato la moglie Valentina Pitzalis, ora finita indagata con l'ipotesi di incendio e omicidio dopo l'esposto presentato dai famigliari dell'ex compagno.

Tante ipotesi, un'unica certezza, emersa dagli esami della Tac e da quelli effettuati dopo la riesumazione.

E cioè che non ci sono tracce di violenza sul corpo di Manuel Piredda: nessuna lesione d'arma da fuoco, nessuna ferita, nessuna contusione. Sta di fatto che per il team di esperti nominati dal Gip Muscas, guidato da Elena Mazzeo e Claudia Trignano, il muratore di Gonnesa sarebbe stato già morto quando il suo corpo sarebbe stato aggredito dal fuoco: nella milza e nei polmoni non ci sarebbero sufficienti tracce di "carbossiemoglobina" da giustificare il decesso per inalazione.

A contestare questa conclusione, ma soprattutto la metodologia usata per gli esami, è stato oggi il professor Franco Tagliaro - l'esperto indicato dal Procuratore aggiunto Gilberto Ganassi - che ha ipotizzato una morte dovuta all'effetto dell'assenza di ossigeno e per gli acidi di cianuro scaturiti proprio nell'incendio. Tesi contrapposte, una sostenuta dai legali della famiglia Piredda (Flavio Locci e Stefano Marcialis), l'altra da quelli di Valentina Pitzalis (Adriana Onorato e Cataldo Intrieri) che restano sulle conclusioni raggiunte dal consulente della Procura.

Tre udienze, ognuna durata ore, e quella di oggi proseguita sino al tardo pomeriggio non sono dunque bastate al Gip per chiudere l'incidente probatorio: si tornerà in aula il 23 settembre per sentire il medico legale Roberto Demontis, nominato dalla difesa di Pitzalis, mentre la famiglia Piredda già si spinge a ipotizzare "un'asfissia meccanica" ovvero che qualcuno possa aver soffocato l'operaio di Gonnesa prima del rogo.

Le precedenti due inchieste aperte dalla Procura di Cagliari, una condotta dal procuratore aggiunto Paolo De Angelis, l'altra dal sostituto Andrea Schirra, si erano chiuse con l'archiviazione, avvalorando quanto riscontrato dai carabinieri subito dopo l'incendio che coincideva con il racconto di Valentina Pitzalis: l'ex compagno avrebbe cercato di ucciderla con la benzina e poi sarebbe morto tra le fiamme che l'hanno sfigurata nel corpo, facendola diventare oggi un simbolo della violenza contro le donne.

"Sono venuta qui non solo per me - ha detto la donna, al termine dell'incidente probatorio - ma per tutte le donne che non ce l'hanno fatta".
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