Vestiti con abiti eleganti, camicie bianche, occhiali da sole e borsalino, e qualcuno con una valigia di cartone, sbarcarono all’Asinara dal molo di Cala Reale, spediti in soggiorno obbligato come misura precauzionale, dopo che gli abitanti di Filicudi, l’isola siciliana, si rifiutarono di ospitarli. Quella protesta cambiò il destino dell’Asinara, l’isola dove furono accolti il 25 giugno del 1971 i primi 15 presunti mafiosi, dai nomi conosciuti: Calogero Sacco, Antonino Buccellato, Tommaso Scaduto, Gaetano Accardi, Nino Bonventre, Diego Gioia, Gaetano Badalamenti, Giuseppe Chiaracane, Nicola Cancelliere, Calogero Sinatra, Vincenzo Ragona, Giacomo Coppola, Mario Brusca, Luigi Cali e Rosario Terrasi.

Il tema è stato oggetto del convegno “Asinara 1971, arrivano i primi presunti mafiosi”, organizzato dall’ente parco nazionale dell’Asinara, a cura del direttore Vittorio Gazale, alla presenza del docente Carlo Marini, dell’Università di Palermo e del giornalista Giuseppe La Greca, giornalista e storico. La ricostruzione del loro arrivo e delle vicende che seguirono è di Paola Fontecchio, responsabile delle guide esclusive dell’Asinara che ha presentato la sua ricerca basata sugli archivi storici dei quotidiani locali e nazionali. Ha tracciato un periodo storico compreso tra il 25 giugno 1971 e la metà di ottobre del 1976. «I primi pezzi da novanta raggiunsero l’isola dopo un’attraversata di oltre 20 ore con la fregata militare Aldebaran. Fu il generale Dalla Chiesa – spiega Fontecchio – che decise di rinchiudere i presunti mafiosi nelle isole, ritenute un luogo perfetto per evitare collegamenti con l’esterno, e non più alle periferie delle città dove erano facili i contatti con le famiglie e le amicizie».

I mafiosi non furono contenti della scelta di arrivare a Porto Torres e neppure la giunta comunale di allora accolse di buon grado la decisione del Governo Italiano, e riunitasi d’urgenza protestò contro quel provvedimento ritenuto lesivo degli interessi turistici della città. Fu il sindaco Sabino che aveva avviato il processo di svincolo dalla colonia penale ad inviare i telegrammi alle amministrazioni regionali e nazionali. Ma vinse lo Stato. Dopo i primi 15 mafiosi, qualche giorno più tardi, l’11 luglio 1971, arrivò un altro piccolo gruppo di boss mafiosi, e in seguito anche quelli legati alle famiglie calabresi. Furono ospitati nei locali della Stazione sanitaria, il palazzo direzionale, la mensa della guardia della sanità  e le pagode, luoghi definiti dai quotidiani come una “ville da nababbi”. Invece i presunti mafiosi protestarono per le condizioni “precarie” in cui venivano detenuti. Trentasei di loro cominciarono lo sciopero della fame, una protesta “per disumani trattamenti” perché gli era stato impedito di cucinare nei loro alloggi per motivi di sicurezza. Nel successivo mese di settembre arrivano sull’isola altri 18 esponenti dei clan mafiosi tra cui Totò Riina e Giuseppe Brusca.

Segnarono la svolta della colonia penale agricola dell’Asinara divenuta, nella seconda metà degli anni Settanta, carcere di massima sicurezza. Franco Massidda, responsabile della colonia penale dell’Asinara dal 1980 sino all’86, era tra le persone che il 25 giugno del 1971 assistette all’arrivo del mafiosi sull’isola. Il luogo dove è nato e cresciuto. Sul molo di Cala Reale l’ex direttore li vide arrivare a bordo di una motovedetta. Sulla banchina anche gli abitanti del posto, una decina di famiglie, gli agenti penitenziari e i carabinieri. «L’avvento del terrorismo ha determinato la trasformazione della colonia penale dell’Asinara in carcere duro, polo di massima deterrenza che si prestava bene al controllo», spiega Massidda «un esempio fu Fornelli, la prima struttura carceraria costruita dai detenuti, e riaperta da me per ospitare 80 reclusi dell’Anonima Sarda con pene severe. Ma sui detenuti mafiosi ci siamo resi conto che la polizia aveva grandi difficoltà a garantire loro i servizi minimi. Fu allora che la famiglia Massidda, su richiesta del prefetto, aprì un negozio per fornire sigarette, beni alimentari, medicinali, un’attività di supporto alle forze miliari per offrire servizio ai presunti mafiosi». 

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